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Crisi d’impresa e strumenti di allerta: nozioni, effetti e ambito di applicazione

Crisi d’impresa: strumenti di allerta

Gli strumenti di allerta si applicano ai debitori che svolgono attività d’impresa e che, potenzialmente, possono incappare in una crisi d’impresa: sono dunque una misura ad applicazione estremamente estesa.

GLI OSTACOLI ALL’EMERSIONE PRECOCE DELLA CRISI D’ IMPRESA

Nella realtà nostrana, fondata essenzialmente sulla piccola e media impresa (PMI), il capitalismo si è incentrato sulla figura di un singolo imprenditore o di una o più famiglie. Tali figure di “comando” hanno accentrato su di sé i ruoli di azionista di riferimento e manager, a volte con prerogative decisionali di assoluta supremazia.

In questa fattispecie, spesso si assiste a una confusione tra l’azienda e la famiglia, e anche l’imprenditore è immedesimato nell’azienda e nelle sue sorti che, quando si verifica una crisi d’impresa subentrano fattori metaeconomici di difficile gestione. La comprensione della crisi di impresa, richiede capacità di astrazione e analisi del problema, profonda autocritica e forte discontinuità.

Le conseguenze della percezione di una crisi sulla credibilità (ossia, affidabilità) presso clienti, fornitori e banche possono essere molto gravi. Il risultato finale è che l’imprenditore in difficoltà ha spesso ritardato – per eccesso di resilienza dannosa – il più possibile il momento dell’emissione esterna della crisi aziendale, generando conseguentemente poco affidamento da parte dei terzi verso le informazioni, sia quelle obbligatorie per legge sia, a maggior ragione, quelle derivanti dalla negoziazione, inclusi i piani e altre prospettazioni utilizzati per dialogare con i finanziatori.

Accade, perciò, che al momento concreto dell’emersione, la crisi è così conclamata per cui i tentativi risolutivi sono legati al lumicino.

L’introduzione degli strumenti di allerta risponde, perciò, alla duplice esigenza di coinvolgere tempestivamente i terzi nella crisi aziendale (introducendo segnalazioni interne ed esterne e tentando di ridurre i ritardi attuali e le conseguenti asimmetrie informative) e di aiutare l’imprenditore a integrare le proprie competenze e organizzazione interna allo scopo di consentirgli di rilevare le difficoltà aziendali e intervenire su di esse per la rimozione efficace delle cause della crisi.

 

UN CAMBIAMENTO DI PARADIGMA NELLA NEGOZIAZIONE CON I CREDITORI

La storia anche recente ha mostrato che l’approccio seguito dal debitore nel dialogare con i propri creditori si è contraddistinto da taluni aspetti fortemente critici, i quali hanno determinato pesanti conseguenze.

Un primo elemento di difficoltà è rappresentato dai tempi di emersione esterna della crisi: come ricordato, troppo spesso gli stakeholders (ossia, dei terzi portatori di interessi contrattuali ed economici)  si trovano improvvisamente di fronte a situazioni imprenditoriali di già conclamata insolvenza e compromissione degli equilibri economici, finanziari e patrimoniali.

Ma è possibile che nessuno si fosse accorto dei sintomi (latenti) della crisi?

Una seconda criticità è data dalla qualità delle informazioni fornite e l’incoerenza dei percorsi proposti rispetto alle concrete possibilità di adesione degli interlocutori coinvolti (molto spesso bancari). Ciò anche per frequente inadeguatezza dei professionisti di fiducia dell’imprenditore, che talvolta hanno osteggiato l’ingresso di nuove risorse professionali, specializzate nella crisi d’impresa e una opportuna discontinuità manageriale.

Quasi mai l’imprenditore affronta da solo la crisi d’impresa: sia la fase di diagnostica interna e di predisposizione di un piano, sia il dialogo con i creditori si contraddistinguono per la presenza di consulenti esperti e carichi di competenze trasversali ed integrate. Anche in materia di psicologia del lavoro.

Queste figure professionali – a volte vengono scelti tra le figure già note all’imprenditore, ovvero scelte tra le segnalazioni fatte dai creditori rilevanti come le banche – hanno l’incarico di traghettare l’azienda in crisi in mezzo a un mare in tempesta, e durante quel viaggio di stabilire o mantenere con l’imprenditore un rapporto fiduciario fondamentale, considerando che per lui si tratta spesso dell’operazione “della vita”.

 

ADEGUATI ASSETTI ORGANIZZATIVI E OBBLIGHI DI SEGNALAZIONE

Anche provvedendo a disciplinare meglio la negoziazione tra le parti, restava aperto per il legislatore il tema di introdurre con tempestività un confronto per l’imprenditore che conducesse alla fase di gestione della crisi. Pervenire a questo risultato ha comportato innanzitutto la necessità di una inequivocabile definizione legislativa della crisi.

Il legislatore ha ora definito la crisi di impresa come:

lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.

Vi è quindi una netta distinzione rispetto all’insolvenza, la quale evidenzia l’attuale e spesso strutturale incapacità del debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Parlare di crisi d’impresa significa introdurre un concetto di monitoraggio preventivo dei flussi di cassa attesi e della continuità aziendale.

Gli strumenti di allerta come definiti dall’art. 12 Codice sulla Crisi (D. Lgs. nr. 14/2019), sono finalizzati alla tempestiva individuazione degli indizi della crisi dell’impresa e alla sollecita adozione degli strumenti più idonei alla sua composizione, e sono definiti facendo perno su tre pilastri che li compongono e li rappresentano:

  • gli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore (co. 2 art. 2086 cod. civ.)
  • obbligo, oltre certe soglie, di nomina del revisore legale (co. 2 art. 2477 cod. civ.)
  • gli obblighi di segnalazione (interni ed esterni) previsti. artt. 14 e 15 Codice Crisi

L’imprenditore in forma societaria o collettiva, si deve dotare di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempistica della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale (co.2 art. 2086 cod. civ.).

L’alto pilastro degli strumenti di allerta è formato dagli obblighi di segnalazione, i quali gravano su soggetti diversi dall’imprenditore. L’introduzione degli obblighi di segnalazione risponde all’esigenza di creare interessi contrapposti che stimolino l’emersione della crisi.

I soggetti che il legislatore ha identificato come in grado di disporre delle necessarie informazioni per procedere in tal senso sono:

  • gli organi di controllo delle società
  • collegio sindacale
  • revisore contabile e società di revisione
  • creditori istituzionali qualificati come Erario, Inps e agente per la riscossione.

Le circostanze di fatto nelle quali i soggetti citati sono chiamati a svolgere il proprio ruolo di segnalatori e anche le ragioni sottostanti al rispettivo intervento sono tuttavia differenziate tra loro.

I presupposti per la segnalazione, nel caso degli organi di controllo, sono disciplinati dall’art. 14 Codice Crisi Esso prevede l’obbligo da parte di collegio sindacale, revisore contabile (o società di revisione) di segnalare all’Organismo di Composizione della Crisi (OCRI) la presenza di indizi della crisi, ma solamente a esito negativo di un processo di confronto articolato e prolungato tra l’organo di controllo e l’organo amministrativo. La segnalazione interviene una volta individuati internamente fondati indizi della crisi.

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