Liquidazione del patrimonio: ultima soluzione nel sovraindebitamento

La liquidazione del patrimonio del debitore rappresenta l’ultima soluzione alla crisi da sovraindebitamento

 

Alla luce delle modifiche introdotte con il D.L. nr. 179/2012 (convertito in Legge nr. 221/2012), la sezione seconda della Legge nr. 3/2012 è oggi interamente dedicata alla disciplina della procedura di “liquidazione del patrimonio” che si pone come alternativa volontaria alle procedure di carattere negoziale previste nella sezione prima della stessa norma.

 

La liquidazione del patrimonio interviene in diversi casi:

  • come mezzo per realizzare l’accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore;
  • come trasformazione patologica delle suddette procedure su richiesta del debitore o di uno dei creditori nei casi previsti dall’art. 14-quater;
  • come procedura alternativa all’accordo e al piano, scelta volontariamente dal debitore;
  • come conversione d’ufficio nei casi, previsti sempre dall’art. 14-quater, di cessazione degli effetti dell’accordo o del piano per i motivi di cui agli art.11, comma 5, e 14-bis, comma 1.

 

Di seguito si analizzeranno gli aspetti più rilevanti della liquidazione del patrimonio e le modifiche entrate in vigore dal 18 gennaio 2013.

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La procedura

La procedura di cui agli artt. 14 – ter e seguente è avviata solo su domanda del debitore e riguarda l’intero patrimonio di quest’ultimo, salvo i beni espressamente esclusi.

 

I presupposti richiesti per la presentazione dell’istanza sono oggettivi:

  • innanzitutto, lo stato di sovraindebitamento in cui si deve trovare il debitore;
  • in secondo luogo, il debitore non dev’essere assoggettabile alle procedure concorsuali ordinarie e la liquidazione è inammissibile nei 5 anni successivi alla chiusura di una procedura di accordo i di piano del consumatore.

Competente a ricevere la domanda è il tribunale della residenza o della sede principale del debitore.

 

Alla domanda deve essere allegata la documentazione prevista dell’art. 9, commi 2 e 2, oltre all’inventario di tutti i beni del debitore, recante specifiche indicazioni sul possesso di ciascuno degli immobili e delle cose mobili, vale a dire sul titolo in virtù del quale tali beni sono detenuti.

 

 

Infine, è necessario allegare una relazione particolareggiata dell’Organismo Composizione della Crisi (OCC) che deve contenere:

  1. l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell’assumere volontariamente le obbligazioni;
  2. l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
  3. il resoconto sulla solvibilità del debitore persona fisica negli ultimi 5 anni;
  4. l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
  5. il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.

 

Entro tre giorni della richiesta di tale relazione, l’OCC deve dare notizia agli uffici fiscali territorialmente competenti.

 

La domanda è inammissibile, e quindi la liquidazione preclusa, in tutti i casi in cui la documentazione prodotta non consente di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore:

  • da ciò deriva che un soggetto privo di adeguata organizzazione e/o preparazione economica, che non abbia conservato la documentazione relativa ai debiti contratti, o sia assistito in misura non adeguata dall’OCC, rimarrà probabilmente pregiudicato, non potendo accedere alla procedura concorsuale della liquidazione del patrimonio.

 

Dal deposito della domanda consegue la sospensione, ai soli fini del concorso, degli interessi convenzionali o legali, fino alla chiusura della liquidazione, salva la disciplina prevista per i crediti privilegiati, cioè i crediti garantiti da ipoteca, pegno o privilegio speciale.

 

 

Il provvedimento di apertura della procedura è pronunciato dal tribunale con decreto, una volta valutata la sussistenza dei requisiti di un’art. 14-ter e l’assenza di atti in frode ai creditori compiuti negli ultimi 5 anni.

 

Con il decreto il giudice:

  1.  nomina un liquidatore. La nomina non è necessaria nel casi in cui l’apertura della procedura di liquidazione avvenga d’ufficio e il liquidatore sia già stato nominato nella procedura di accordo del debitore non consumatore o di piano del consumatore su proposta dell’OCC;
  2. dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di “omologazione”, ovvero del provvedimento di chiusura della liquidazione, diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o accusa anteriore.

 

Infine, con il decreto di apertura della liquidazione, il giudice dispone la pubblicità della domanda e del decreto, nonché, nel caso in cui il debitore svolga attività d’impresa, l’annotazione nel registro delle imprese.

 

Quando il patrimonio comprende beni immobili o beni mobili registrati, il Tribunale ordina la trascrizione del decreto, a cura del liquidatore, nonché la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che, in presenza di gravi e specifiche ragioni, non ritenga di autorizzare il debitore ad utilizzare alcuni di essi.

 

Per il mantenimento del debitore e della sua famiglia, nello stesso decreto vengono definiti i crediti a carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e tutto ciò che guadagna con la sua attività.

 

Per quanto concerne gli effetti del decreto nei confronti dei terzi, nel silenzio della legge che non distingue tra le varie formalità pubblicitarie, si può ritenere rilevante la pubblicità disposta dal giudice.

Riguardo i beni immobili e mobili registrati rileva invece la data della trascrizione nei pubblici registri immobiliari.

 

 

Il decreto di apertura della liquidazione realizza quindi una forma di spostamento attenuato del debitore rispetto a quello stabilito in caso di fallimento, e individua delle attività nella persona del liquidatore , che sarà, di regola, lo stesso OCC e il professionista che ne può svolgere le funzioni.

 

La durata della liquidazione ai sensi del 4 comma dell’art. 14-quinquies, non può essere inferiore a 4 anni, ma di questo si parlerà in maniera più estesa sul successivo paragrafo.

 

L’art. 14 – sexies prevede che il liquidatore, dopo aver verificato l’elenco dei creditori e l’attendibilità della documentazione, rediga l’inventario dei beni da liquidare, dando comunicazione ai creditori ed ai titolari di diritti reali o personali (su mobili ed immobili nel possesso o anche soltanto nella disponibilità del debitore) delle modalità di partecipazione alla liquidazione, della data entro la quale possono essere presentate delle domande e della data entro la quale sarà comunicato agli creditori lo stato passivo ed ogni ultra utile informazione.

 

Le domande di concorrere al realizzo della liquidazione ovvero di restituzione o rivendicazione dei beni sono proposte dai creditori con ricorso ex articolo 14 – sempties.

 

Il passivo della procedura viene determinato attraverso un vero e proprio sub-procedimento di accertamento, modellato sulla disciplina prevista per il fallimento, ma affidato al liquidatore, cui compete la formazione dello stato passivo definito, essendo riservata al giudice soltanto la decisione sulle contestazioni dei creditori.

 

Il liquidatore comunica ai creditori il progetto di stato passivo, assegnando agli stessi un termine di 15 giorni per le eventuali osservazioni da formularsi con le stesse modalità previste nella domanda d’insinuazione.

 

In assenza di contestazioni, il liquidatore approva lo stato passivo dandone comunicazioni alle parti.

 

Se invece vi sono osservazioni che il liquidatore ritiene fondate, lo stesso predispone nei 15 giorni un nuovo progetto di stato passivo, che comunica ai creditori.

 

Se il liquidatore e creditore non riescono a superare le rispettive contrastanti posizioni, interviene il giudice, che decide in ordine alla definitiva formazione del passivo, ma nell’ambito di un procedimento contenzioso di accertamento del passivo con necessità di difesa tecnica delle parti coinvolte.

 

Il legislatore nulla ha previsto circa la presentazione di domande tardive, ma si può ritenere applicabili le medesime regole di cui l’art. 101 della legge fallimentare.

Manca inoltre la previsione di cui un termine entro il quale le domande tardive possono essere fatte valere, ma si può ritenere che lo stesso decorra dalla comunicazione del liquidatore ex art. 14 – sexies.

 

 

Con le disposizioni di cui artt. 14 – novies e 14 – decies è stata disciplinata l’attività vera e propria di liquidazione del patrimonio.

 

In particolare , per quanto riguarda il vero e proprio programma di liquidazione, che viene elaborato dal liquidatore entro 30 giorni dalla formazione dell’inventario, la normativa non si discosta, in linea di massima, da quella fallimentare.

 

Il programma deve essere comunicato al debitore e ai creditori e depositato in cancelleria.

 

Non è però previsto un esame da parte dei creditori, ma il liquidatore, su iniziativa degli stessi, può apportare le modifiche che reputa più opportune con riguardo alle modalità di vendita di specifici ben, alle forme di pubblicità più idonee ed alla formazione di eventuali lotti del patrimonio.

 

L’art. 14 – novies stabilisce altresì che il liquidatore ha l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione, cede i crediti che non possono essere incassati nel termine di 4 anni dal deposito della domanda, procedere alla vendita dei beni ricorrendo a procedure competitive, previa adeguata stima e opportune forme di pubblicità.

 

Può anche decidere di subentrare nelle procedure esecutive pendenti all’atto della liquidazione.

 

Se ricorrono gravi e giustificati motivi, il giudice può sospendere con decreto motivato gli atti di esecuzione del programma di liquidazione.

 

Una volta individuato l’acquirente dei beni, prima di procedere alla stipulazione dell’atto di trasferimento, il liquidatore comunica l’esito delle procedure seguite ai creditori e al giudice, che esercita un controllo di legittimità e di ragionevole durata della procedura.

 

Va aggiunto che, ai sensi dell’ art. 14 – decies, il liquidatore esercita ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio da liquidatore e comunque correlata con lo svolgimento dell’attività di amministrazione, nonché le azioni volte al recupero dei crediti compresi nella liquidazione.

 

Non è prevista invece una specifica disciplina delle azioni revocatorie come nel fallimento, ma appare consequenziale che il liquidatore possa esprimere l’azione revocatoria ordinaria ove ne ricorrano i presupposti.

 

Si evidenzia inoltre che, ai sensi dell’art. 14 – undecies, ai fini della determinazione della massa attiva oggetto della liquidazione, i beni sopravvenuti nei 4 anni successivi al deposito della domanda di liquidazione costituiscono oggetto della stessa, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione.

 

La modalità di ripartizione dell’attivo devono rispettare la graduazione dei crediti.

I creditori posteriori, per causa e titolo, alla pubblicità della domanda e del decreto di apertura della liquidazione o alla trascrizione del decreto stesso, non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione.

 

E’ infine prevista la prededuzione dei crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o nei procedimenti di accordo del debitore non consumatore e di piano del consumatore.

Tali crediti sono soddisfatti con preferenze rispetto ad altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata creditori garantiti.

 

L’ultimo comma dell’art. 14 – novies precisa che la liquidazione cui può seguire l’esdebitazione si chiude con decreto del giudice dopo la completa esecuzione del programma, ma comunque non prima di 4 anni dal deposito della domanda.

 

Il legislatore ha previsto e ribadito, che la durata minima della stessa non deve essere inferiore a 4 anni e quindi la chiusura della procedura con decreto del giudice incontra questo limite temporale.

Inoltre, tutti i beni acquisiti dal debitore in tale arco temporale, entrano a far parte del patrimonio oggetto di liquidazione.

 

 

 

La conversione in liquidazione degli altri strumenti

La disciplina delle conversioni delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento in liquidazione ai sensi dell’art. 14 – quater della Legge nr. 3/2012, introduce una deroga al carattere alternativo delle procedure di cui agli artt. 6-14 – bis rispetto alla procedura di liquidazione prevista nella sezione seconda della legge.

 

Mentre infatti, di norma, il debitore può, di sua spontanea volontà, scegliere di chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni ai sensi degli art. 14 – ter e seguenti, seguendo la procedura già esposta in precedenza, in alternativa alla proposta per la composizione per la crisi, qui la procedura di liquidazione si presenta in rapporto di necessaria successione con un accordo o un piano del consumatore che hanno avuto esito negativo.

 

La liquidazione consiste dunque, in questo caso, in una trasformazione dei casi patologici delle altre procedure di composizione della crisi ad sovraindebitamento nelle ipotesi, tassativamente indicate, di annullamento dell’accordo, cessazione degli effetti di omologazione, revoca o risoluzione.

 

Il debitore o i creditori possono infatti proporre istanza al giudice della procedura già aperta per chiedere, in questi casi, che disponga la conversione della stessa in quella di liquidazione del patrimonio.

 

La conversione avviene nei casi di:

  • annullamento dell’accordo o cessazione degli effetti dell’omologazione del piano nelle ipotesi in cui sia stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simulata attività inesistenti;
  • risoluzione dello stesso a causa del fatto che il proponente non adempie agli obblighi derivanti dell’accordo o non costituisce le garanzie promesse o che l’esecuzione dell’accordo divine impossibile per cause non imputabili al debitore;
  • cessazione, di diritto, degli effetti dell’accordo omologato, che ricorrono quando il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle amministrazioni pubbliche e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatori;
  • revoca dell’accordo omologato quando risulta che il debitore, nel corso della procedura ha compiuto atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

 

In questi ultimi due casi, la conversione avrebbe d’ufficio da parte del giudice anziché su iniziativa del debitore o creditore.

 

 

L’esdebitazione

Un’altra novità introdotta dal D.L. nr. 179/2012 è il beneficiario dell’esdebitazione previsto, per il debitore persona fisica, dell’ art. 14 – terdecies.

 

La novità consiste nel fatto che, mentre in caso di accordo di composizione e di piano del consumatore la cancellazione del debito residuo dipende esclusivamente dall’adempimento delle obbligazioni assunte derivanti dal piano di ristrutturazione, il debitore che ha optato per la procedura di liquidazione può beneficiare dell’esdebitazione solo tramite il procedimento dettato da questa norma.

 

E’ tutta via onere dello stesso debitore presentare relativa domanda, con riscosso, entro l’anno successivo alla chiusura della liquidazione e l’esdebitazione diviene efficace solo a seguito dell’emanazione di un provvedimento del giudice adito, all’esito di un giudizio di meritevolezza che prevede che siano sentiti i creditori non integralmente soddisfatti e verificate le condizioni di legge di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 14 – terdecies.

 

Tuttavia, per essere ammesso al beneficiario in esame, è necessario che il debitore:

  1. abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili, nonché adoperarsi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
  2. non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
  3. non sia già beneficiario di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda;
  4. non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno degli specifici reati previsti dall’art. 16 della legge, che rieccheggiano la disciplina della bancarotta;
  5. abbia svolto, nei 4 anni di durata della liquidazione, un’attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato motivo, proposte di impiego;
  6. siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.

 

E’ quindi richiesto che il debitore abbia collaborato con la procedura, con attività funzionale a quella dell’organismo di composizione della crisi, in un ottica di agevolazione del compito di quest’ultimo, e che abbia tentato di inserirsi nel mondo del lavoro per incrementare cosi il suo reddito.

 

La norma prevede anche i casi in cui l’esdebitazione è esclusa, ossia qual’ora:

  1. il sovraindebitamento del debitore sia imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali;
  2. il debitore, nei 5 anni precedenti l’apertura della liquidazione o nel corso della stessa, abbia posto in essere atti in frode ai creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio, ovvero simulazioni di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri.

 

In quest’ultima ipotesi, il provvedimento di concessione dell’esdebitazione è revocabile in ogni momento, su istanza dei creditori.

 

L’istituto dell’esdebitazione in fine, non opera espressamente per i debiti:

  1. derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari;
  2. da risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché per le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti;
  3. fiscali che, pur avendo causa interiore al decreto di apertura delle procedure di sovraindebitamento, sono stati successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

 

Le due ipotesi a) e b) sono analoghe a quelle previste dall’art. 142, co. 3 L.F..

 

L’ipotesi di cui alla lettera c) ha invece suscitato diverse perplessità in quanto concede un trattamento di favore del tutto ingiustificato per i crediti tributari successivamente accertati dopo l’apertura della procedura di liquidazione, dal momento che si prescinde totalmente dalla verifica dell’assistenza di un effettivo pregiudizio per l’erario e, quindi, dalla capienza dell’attivo della liquidazione, oltre che dell’assistenza di un apporto casuale del debitore in relazione del ritardo nell’accertamento.

 

(Tratto da: Sovraindebitamento guida pratica per Imprese, Consumatori e Professionisti; IlSole24Ore- 11/2016)

Redazione

Dottore Commercialista e Revisore Legale Pianificazione e Controllo di Gestione Finanza Agevolata e Crisi d'Impresa Formazione