Nel panorama legislativo italiano, gli enti del terzo settore rivestono un ruolo fondamentale nell’ambito della solidarietà sociale e dell’azione di volontariato. Tuttavia, la complessità normativa che li regola può generare confusione su quale regime fiscale e amministrativo debbano adottare. In questo articolo, esploreremo le differenze e le modalità di applicazione dei regimi per gli enti commerciali e non commerciali, secondo la nuova normativa introdotta dal D.Lgs n. 117/2017.
Definizione di Ente del Terzo Settore
Prima di addentrarci nelle specifiche normative, è importante definire cosa si intende per “Ente del Terzo Settore” (ETS). Gli ETS sono organismi privati che perseguono finalità di utilità sociale, solidarietà e promozione del benessere comune. Essi operano senza scopo di lucro, ma possono svolgere attività economiche accessorie per finanziare i loro scopi istituzionali, ricordiamo che per acquisire la qualifica di ETS bisogna essere iscritto nel RUNTS.
Le novità fiscali della normativa
Una delle principali novità della riforma è un regime fiscale strutturato in base alla gestione e alle finalità dell’ente. La discriminante è la modalità di esercizio dell’attività, distinguendo il caso di attività COMMERCIALE dal caso di attività NON COMMERCIALE. Se prevale una delle due modalità sull’altra, il regime fiscale a cui è sottoposto l’ente del terzo settore cambia. Mentre solo per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale sono previsti trattamenti diversi sulla vendita e prestazioni di servizi come la somministrazione di cibi bevande.
Ma come definire la commercialità o meno dell’ente?
Le attività considerate non commerciali sono quelle di interesse generale che vengono svolte in determinati modi:
- Gratuitamente, ma con la possibilità di ricevere corrispettivi che non superano i costi effettivi, inclusi sia i costi diretti che quelli indiretti relativi all’attività, considerando anche i contributi economici delle pubbliche amministrazioni, sia sovranazionali che straniere, e escludendo i contributi pubblici non previsti come obbligatori dalla legge.
- Ricavi non superano i costi di oltre il 5% per ciascun periodo d’imposta e per non più di due periodi d’imposta consecutivi.
Bisogna effettuare una valutazione dettagliata di tutti i proventi e ricavi generati durante l’anno d’esercizio, seguendo le disposizioni stabilite nell’articolo 79 del codice del Terzo Settore. Secondo questo codice, un Ente del Terzo Settore (ETS) viene considerato “commerciale” se i ricavi ottenuti dalle attività di interesse generale svolte in modalità commerciali e i ricavi provenienti da altre attività SUPERANO, nell’arco dell’anno fiscale, gli introiti derivanti dalle attività non commerciali.
Per gli ETS considerati “non commerciali”, vengono tassati solo i ricavi derivanti dalle attività di interesse generale condotte con modalità commerciali e da altre attività. Tra queste ultime rientrano anche i ricavi da sponsorizzazioni, i quali, pur non influenzando il calcolo della commercialità dell’ente, sono considerati di natura commerciale e soggetti a tassazione.
Gli ETS non commerciali possono beneficiare di un regime forfettario agevolato di tassazione previsto dal codice fiscale.
Nel caso in cui un ETS sia qualificato come “commerciale”, invece, devono essere considerati soggetti a tassazione tutti i ricavi ottenuti durante l’esercizio, compresi quelli non commerciali.
Le entrate non commerciali includono contributi, sovvenzioni, donazioni, quote associative e ogni altra entrata simile, nonché il valore normale delle cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate con modalità non commerciali. D’altra parte, le entrate commerciali devono escludere, come stabilito dalla legge, quelle provenienti dalle attività di sponsorizzazione.
Regime Fiscale per Enti Commerciali
Se l’attività economica è prevalente rispetto a quella non commerciale, l’ente è considerato un’impresa commerciale e deve applicare il regime fiscale ordinario.
Tuttavia, la nuova normativa ha introdotto un regime agevolato per gli enti del terzo settore che svolgono attività commerciali marginali rispetto a quelle non commerciali: l’ETS che svolge attività commerciale potrà tenere, ai fini fiscali, la contabilità semplificata se non supera determinate soglie di ricavi(commerciali) da ragguagliare ad anno:
- 400.000 euro da attività si prestazione di servizi
- 700.000 euro tutte le altre attività
Regime Fiscale per Enti Non Commerciali
Gli enti del terzo settore che non svolgono attività commerciali possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa, i coefficienti di redditività sono diversificati a seconda che l’attività consista in prestazione di servizi o in altre attività.
Le associazioni di promozione sociale (Aps)e le organizzazioni di volontariato (Odv) possono applicare un regime forfetario “speciale” previsto e disciplinato dall’articolo 86 del codice del Terzo settore, a condizione che nel periodo d’imposta precedente non abbiano percepito ricavi commerciali superiori a 130.000 euro.
L’adozione del regime forfettario consente agli enti del terzo settore di beneficiare di un’imposta sostitutiva agevolata, calcolata in misura fissa sui ricavi o proventi lordi, senza dover applicare le ordinarie aliquote IRPEF o IRAP.
Questa opzione può rappresentare un’importante opportunità per gli enti del terzo settore di semplificare la loro gestione fiscale, riducendo il carico amministrativo e concentrandosi maggiormente sul perseguimento delle proprie finalità sociali.
Conclusione
E’ quindi importante valutare attentamente sia il tipo di attività svolta che la forma giuridica dell’organizzazione. In questo contesto, affidarsi a un professionista qualificato come un commercialista diventa essenziale. Il commercialista ha le competenze necessarie per analizzare in modo approfondito la situazione specifica dell’ente, consigliare sul regime fiscale più adatto e fornire supporto costante nel rispetto delle normative in continua evoluzione.