Rilanciata l’impresa sociale ed agevolati gli investimenti nel no-profit
L’impresa sociale, introdotta con il D. Lgs nr. 155/2006, ha sofferto della mancanza di forme di agevolazioni fiscali, ancorché previste per gli altri enti no-profit. Questa è stata ritenuta la principale causa del suo insuccesso.
Con il D. Lgs. nr. 112 del 3 luglio 2017 di riforma dell’impresa sociale, il legislatore intende migliorarne la disciplina, colmarne le lacune relative soprattutto al regime fiscale nel chiaro intento di creare le nuove condizioni per lo sviluppo dell’impresa sociale quale particolare fattispecie normativa del Terzo Settore.
Il legislatore inserisce l’impresa sociale tra gli Enti di Terzo Settore (ETS) – pur collocando la sua disciplina fuori dal Codice del terzo settore – incentivando l’utilizzo di tale forma per gli enti che perseguono finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale attraverso un’attività d’impresa.
Utili ai soci
Il decreto consente che gli statuti delle imprese sociali costituite in forma societaria possano prevedere una limitata distribuzione degli utili ai soci, in percentuale inferiore al 50% degli utili dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, in misura non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.
In tale prospettiva l’art. 18 introduce la non imponibilità ai fini delle imposte dirette degli utili o avanzi di gestione che incrementano le riserve indivisibili dell’impresa sociale e che vengano effettivamente destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio.
Per effetto della riforma, il venir meno per gli enti che avevano scelto la qualifica di Onlus, della possibilità di decomercializzare ai fini fiscali l’attività istituzionale, renderà l’alternativa dell’impresa sociale ancora più interessante soprattutto per gli enti che operano nell’ambito del welfare.
Agevolazioni
Accanto alle agevolazioni fiscali riservate all’impresa sociale, il nuovo decreto introduce misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitale in mancanza dei quali le imprese sociali sarebbero eccessivamente penalizzate rispetto alle società lucrative, che non soggiacciono ai limiti di remunerazione del capitale.
In particolare, l’art. 18 prevede, per gli investitori persone fisiche, la detraibilità del 30% della somma investita (per massimo 1 milione di euro) nel capitale di imprese sociali (incluse le cooperative) costituite da non più di 36 mesi dopo l’entrata in vigore del nuovo decreto, con la possibilità aggiuntiva di portare in detrazione nei periodi d’imposta successivi, la quota di investimento non detraibile, in tutto o in parte, nel periodo d’imposta di riferimento, ma non oltre il terzo.
L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale triennio di vincolo, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo per il contribuente di restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali.
Per gli investitori persone giuridiche (soggetti Ires) è prevista invece la deducibilità del 30% della somma investita nel capitale dell’impresa sociale.
In tal caso l’investimento massimo non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 1.800.000 e anche in questo caso l’investimento deve essere mantenuto per almeno tre anni.
Infine, è’ stata introdotta la possibilità anche per le imprese sociali di accedere alla raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici regolati dal D. Lgs nr. 58/1998 analogamente a quanto previsto oggi per le startup innovative e le PMI innovative.