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Tassazione guadagni da Youtube: serve veramente la partita IVA?

Tassazione guadagni da Youtube: come funziona ai fini fiscali

(aggiornato al 30/05/2019)

Negli ultimi anni un metodo che sta riscuotendo un enorme successo in termini di pubblicità online è quello legato alle campagne di pubblicità (advertising) dei video all’interno di youtube. Per questo, gli youtubers (autori dei video) ricevono compensi da parte dei produttori di videogiochi e non in cambio di visibilità delle loro pubblicità.

Quali sono i profili fiscali di tale fenomeno?

Un fenomeno, socialmente ma anche economicamente, in forte crescita legato all’evoluzione tecnologica dei social, è proprio quello degli youtubers. Negli ultimi anni un metodo che sta ottenendo un grande successo in termini di pubblicità online è quello legato alle compagne di advertising dei video all’interno di YouTube, laddove gli youtubers ricevono dei compensi da parte dei produttori di videogiochi in cambio di visibilità ai loro titoli.

 

ECCO COME FUNZIONA IL METODO DI AFFILIAZIONE PUBBLICITARIA

Il funzionamento è davvero molto semplice:

  • si inserisce un video all’interno della piattaforma video
  • aderendo ad un programma specifico di affiliazione pubblicitaria, vengono pubblicate, prima del video, varie inserzioni pubblicitarie. Quante più visualizzazioni ottiene il video, maggiori saranno i guadagni pubblicitari del proprietario

YouTube ha dato vita a un proprio programma di affiliazioneYoutube Partner Program che permette agli utenti, in possesso di determinati requisiti soprattutto di numero di visualizzazioni dei propri video, di accedere alla funzioni di monetizzazione pubblicitaria.

Youtube permette la partecipazione al programma soltanto agli utenti che hanno un determinato numero di views (almeno 1.000).

La pubblicità viene inserita all’interno del video sia all’inizio che durante l’esecuzione del filmato. YouTube remunera i video in base al “Cost per Mile”, ossia la somma che gli sponsor versano al sito per visualizzare i propri banner o spot ogni 1.000 visualizzazione del video.

La somma che spetta agli YouTuber per gli introiti pubblicitari è legata a quanto pagano gli sponsor, la cifra varia di mese in mese. Se nessun utente clicca sui banner pubblicitari i ricavi che si ottengono sono quelli derivanti solamente dalle impressions, ma se gli utenti cliccano sul video pubblicitario, si potranno percepire anche i guadagni “Pay per Click”.

PUBBLICITA’ ONLINE E FISCO

L’attività di gestione di banner pubblicitari all’interno di un sito web o di un video internet, da un primo punto di vista fiscale, dovrebbe essere considerata un’attività economica di tipo abituale, e come tale dovrebbe essere necessariamente gestita attraverso l’apertura di una partita Iva. Questo perché l’attività di gestione dell’advertisement avviene per 365 giorni l’anno, dato che i video rimangono su youtube per un tempo illimitato.

Esercitare l’attività di gestione di campagne pubblicitarie online è considerata attività commerciale e come tale dovrebbe essere tenuti a versare contributi minimi Inps in misura fissa (pari a circa 3.500 euro/anno gestione commercianti salvo adesione al regime forfettario con riduzione dei contributi del 35%).

Se si considera che ogni minuto vengono caricati sul portale YouTube circa 100 ore di video diversi, e che ogni istante milioni di persone, da tutto il mondo, si riversano sul portale per guardare i video che preferiscono, il fenomeno potrebbe anche valere parecchio, in termini di mancare risorse erariali.

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Si è detto che la configurazione fiscale dello youtuber “dovrebbe essere” di tipo commerciale abituale. Tuttavia, analizzando bene la formula di vendita possiamo osservare:

  1. la vendita di spazi pubblicitari è gestita direttamente da Youtube; mentre l’autore del video attende che l’utente lo visualizzi sperando che clicchi sul video promozionale;
  2. l’autore dei video, dunque, rimane autore e riceve un compenso sia per la visualizzazione dei video pubblicitario e sia per il click su di esso. Dunque, i suoi guadagni sono automatici e derivano dall’apprezzamento (o gusti) degli utenti. In sostanza, non si concretizza un sistematico rapporto sinallagmatico con gli utenti stessi. Tant’è che a ciò provvede unicamente Youtube;
  3. ai fini civilistici, l’art. 2082 cod. civ. definisce “… imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.” Tralasciando l’ampia interpretazione della definizione, ciò che è importante rilevare è la sistematica attività di produzione o scambio di beni o servizi. Dunque, non convince affatto che sola produzione e pubblicazione di video su un portale di terzi (che gestisce l’attività economica, ossia pubblicità) configuri un’attività imprenditoriale. Diverso è, invece, il caso dei guadagni con la pubblicità Google Adsense (e forme equivalenti) dal momento che è proprio il titolare del dominio web che affitta parte del proprio sito web a terzi soggetti per spazi pubblicitari gestiti da Google;
  4. in campo IVA, l’art. 2 del DPR nr. 633/72 recita “L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.” Anche qui, il legislatore fiscale dispone gli obblighi della fatturazione Iva alle cessioni di beni e prestazioni di servizi fatte da imprese o professionisti. E come già argomentato, se la cessione degli spazi pubblicitari all’interno dei video degli yuotubers è gestita da Youtube, non si può desumere la diretta cessione di beni e prestazione di servizi così come supposto dalla normativa Iva. Inoltre, dalle informazioni sul Youtube Partner Program non si evince che Youtube acquista i diritti d’autore dei video pubblicati, ma impone chiare regole rispetto ai contenuti ed al loro copyrights che ogni youtuber deve rispettare. Perciò, non si configura la cessione del diritto d’autore a norma del punto 2) co. 1 art. 3 DPR nr. 633/72;
  5. trattandosi comunque di guadagni, essi devono essere regolarmente tassati ai fini Irpef. Non qualificandoli, nel primo periodo, come redditi d’impresa (almeno fino a quando l’attività non assume una dimensione profitti/utenti significativa), i guadagni dai video pubblicati possono essere dichiarati come redditi diversi (Redditi derivanti da attività di lavoro autonomo occasionale – quadro RL mod. RedditiPF).
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Volendo ragionare per analogia, nel caso di lavanderia self-service (o “a gettoni”) – che consiste nel mettere a disposizione della clientela, in appositi spazi,  delle lavatrici professionali ad acqua ed essiccatoi, funzionanti previo acquisto di appositi gettoni, al fine di lavare indumenti, capi e accessori per l’abbigliamento eccetera – l’art. 79 co. 1-bis D. Lgs. nr. 59/2010 esclude il requisito professionale dell’attività. Ciò comporta il solo obbligo della comunicazione di essa allo sportello attività produttive del comune. Dunque, si evince, che laddove l’attività non richieda la partecipazione attiva e sistematica del titolare, la lavanderia self-service non possiede il requisito dell’impresa (commerciale).

Tuttavia, ricorre il caso della verbale di accertamento, della Guardia di Finanza di qualche giorno fa, nei confronti di un noto giovane youtuber che totalizzava oltre 1 milione di followers dei sui video pubblicati di frequente nel suo canale web. La contestazione riguarda non già l’omessa dichiarazione fiscale (gli introiti venivano dichiarati tra i redditi diversi) bensì l’omessa attivazione della partita Iva. E ciò come diretta conseguenza dell’esercizio professionale dell’attività di youtuber. Gli accertatori, infatti, hanno correttamente ritenuto che introiti elevati (oltre 600 mila euro) configurano una vera e propria attività professionale che merita, come detto, una diversa definizione contabile e fiscale.

Dunque, è agevole desumere che poche migliaia di introiti l’anno qualificano – validamente – un’attività occasionale in quanto entità e frequenza di maturazione dei guadagni non sono connotati idonei a qualificare il requisito di professionalità.

 

CONCLUSIONI

Per concludere, se la soluzione più facile è inquadrare i guadagni da retrocessione Youtube come attività commerciale con tutti gli obblighi conseguenti, per le argomentazioni sopra illustrate, l’attività può essere qualificata invece come occasionale che genera redditi diversi. Ciò perché gli youtubers ricevono un compenso per visualizzazione e click su video pubblicitari gestiti direttamente da Youtube. L’unico atto “commerciale” compiuto dall’autore dei video è la sola pubblicazione nel proprio canale senza alcuna interferenza con gli inserzionisti.

Fino al tetto dei guadagni di 5.000 euro non sussiste alcun obbligo previdenziale, mentre per i guadagni eccedenti tale tetto è obbligatoria l’iscrizione alla gestione separata Inps con una contribuzione del 25,72%.

Fin quando si configurano come redditi diversi, per i suddetti guadagni non è prevista l’apertura di partita Iva.

Senza dimenticare che, essendo a volte il sistema fiscale un mostruoso labirinto, la conclusione di questo articolo rappresenta una ragionevole via di uscita.

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Questo articolo ha 4 commenti

  1. utente

    Ritengo questo vostro articolo molto chiaro ed esplicito. Solo che non ho compreso se queste sono le norme effettive vigenti, oppure siano solo ipotesi o supposizioni. Io avrei bisogno di risposte certe perchè non vorrei in alcun modo ritrovarmi nelle vesti di evasore fiscale.
    Tra parentesi, nel mio caso, la stima dei guadagni ottenuti in alcuni mesi (tramite i “click” e la visualizzazione delle pubblicità) come partner di Youtube, è di circa 100 dollari. Una vera e propria miseria che fino ad oggi ho evitato di prelevare per non avere problemi col fisco italiano.
    Attendo una vostra chiara risposta alla mia domanda (e di tanti altri youtubers) Grazie mille da Vincenzo! 🙂

  2. Nicola Grandi

    Salve, fino a che punto non si è obbligati ad aprire una partita iva ?

  3. Paolo

    Buongiorno e grazie per l’articolo. Sono un privato senza partiva IVA e ho guadagnato con Google circa 200 euro, che ho inserito nella sezione “Redditi diversi). Confrontando l’anteprima IRPEF inserendo o meno i 200 euro ho però notato che circa il 70% dell’importo si perde in tasse! Ho simulato vari importi, ma il risultato non cambia. È possibile una cosa del genere? Mi sembra decisamente esagerata. Grazie anticipatamente!

  4. mariella

    Poichè si parla di “Fino al tetto dei guadagni di 5.000 euro non sussiste alcun obbligo previdenziale”.Se io ho un lavoro con stipendio fisso e ogni tanto percepisco guadagni extra dai miei tutorial pubblicati su Youtube, guadagni che in un anno non superano mai i 350 euro, posso ugualmente dichiarali nei “redditi diversi” oppure devo sommare questi allo stipendio che gia’ mi viene tassato a priori?

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