Si legge che il regime forfettario avvantaggia le partite IVA a danno dei dipendenti e dei contribuenti in regime di tassazione ordinaria. Ma è proprio così?
Negli ultimi giorni leggiamo anche che la nuova versione del regime forfettario (introdotto con la Legge nr. 190/14 in sostituzione del precedente regime dei “minimi“) sia eccessivamente vantaggioso al punto da discriminare i lavoratori dipendenti – che non possono scegliere il regime di tassazione più conveniente – nonché i titolari di partita IVA che non hanno i requisiti per accedere al nuovo regime forfettario.
Prima di arrivare a valutare l’effettiva convenienza, è opportuno fare delle osservazioni:
- gli autonomi sono “free work“ nel senso che ogni orario è propizio per lavorare senza badare ai notturni, festivi e turni;
- gli autonomi non hanno un datore di lavoro ma diversi clienti che, come recita un adagio del marketing, “il cliente ha sempre ragione!“. Perciò è quotidiana la preoccupazione di mantenere i clienti attuali e di trovarne altri migliori in un contesto in cui spesso la concorrenza (anche sleale!) è dura;
- per gli autonomi non sono previste garanzie di reddito (come l’indennità di disoccupazione) perciò, se l’attività va male o in caso di malattia, ciò importa solo ai familiari stretti;
- gli autonomi, nel lavoro ci mettono anche il capitale. Infatti, devono acquistare tutte le attrezzature (beneficiando eventualmente di qualche contributo ma la maggior parte deve finanziarla di tasca propria);
- l’autonomo è tale perché deve autodeterminarsi: quando ne è davvero capace, deve pianificare, gestire, controllare e finanziare assumendone tutti i rischi. E oggi, l’unica certezza è … l’incertezza;
- gli autonomi non conoscono calendari da 13 mesi (o 14 mesi come nel settore del commercio e dei servizi);
- gli autonomi non conoscono TFR, ferie pagate, assegni nucleo familiare, bonus 80 euro, ….;
- gli autonomi versano da sè i contributi pensionistici (salvo rivalsa 4% per i professionisti), mentre il dipendente ne versa il 9% per trovarsene il 38%;
- se è vero che gli autonomi sono benestanti, allora non si comprendono le ragioni per cui si sogna un lavoro dipendente a tempo indeterminato. D’altronde, è principio anche nella finanza che il guadagno da un investimento è direttamente proporzionale al rischio assunto: dunque, nulla è davvero gratis!
- …. allora, il lavoro autonomo ed il lavoro dipendente non sono facili da paragonare ed ogni forma di lavoro ha i suoi pregi e difetti con buona pace di tutti. Ma se dovessimo quantificare quanto appena elencato, allora ……..
Giungendo ala nuova formulazione del regime forfettario, rispetto alla previgente formula della Legge nr. 190/14, la Legge di Stabilità 2019 ha introdotto le seguenti novità importanti:
- innalzamento del limite di fatturato a 65.000 euro a prescindere dal codice attività (ateco) esercitato com’è invece dell’attuale versione;
- eliminazione di alcuni limiti stringenti come il limite dei 5.000 euro per ricorso al lavoro dipendente; il limite dei 20.000 euro dei beni strumentali e del limite dei 30.000 euro di concomitanza con redditi da lavoro dipendente;
- imposta sostitutiva agevolata del 5% non solo per gli under 35 ma anche per gli over 55.
Tutti gli altri aspetti sono rimasti, in sostanza, invariati. Dunque, i vantaggi del regime forfettario sono ormai cosa nota!
Detto questo, non è un asserto che il regime forfettario sia vantaggioso a tutte le partite IVA e discriminante rispetto al lavoro dipendente.
A ragione, si può invece desumere che il regime forfettario:
- conviene a coloro che hanno pochi costi di gestione. Questo significa che non hanno una gestione strutturata e costosa (affitti, leasing, lavorazioni esterne, utenze, personale, eccetera). Dunque, si tratta dei piccoli artigiani e studi professionali;
- non conviene con carichi di famiglia tant’è che non si beneficiano delle detrazioni per coniuge e familiari a carico;
- non conviene se ci sono spese detraibili (es.: farmaci e mediche, spese universitarie, lavori di ristrutturazione) e deducibili (es. assegni mantenimento coniuge, piani previdenziali, compensi a colf e badanti, eccetera);
- conviene meno se i clienti sono prevalentemente imprese, enti pubblici e professionisti poiché l’IVA – per loro – deve essere enucleata dal prezzo finale in quanto “partita di giro”.
Pertanto, il regime forfettario può convenire a coloro che:
- non hanno famiglia
- non hanno realizzato investimenti consistenti
- non hanno una gestione strutturata
- lavorano prevalentemente con clientela privata (senza partita IVA)
- hanno altri redditi soggetti a tassazione ordinaria
Tuttavia, c’è anche da aggiungere che il regime forfettario prevede un’imposta sostitutiva fissa del 5% per le startup e del 15% per le partite IVA già attive; mentre il regime ordinario di tassazione è strutturato sul principio di progressività dell’Irpef. Pertanto, la convenienza è direttamente proporzionale ai redditi: al limite di fatturato di applicabilità del regime forfettario (ossia, 65.000 euro) si può avere una differenza di tassazione media che va dal 15% del forfettario al 27% con tassazione ordinaria (escluse deduzioni/detrazioni con cui la tassazione si riduce).
Dunque, per un’attenta valutazione di calcolo di convenienza del regime forfettario è bene considerare tutte le seguenti variabili:
- carichi di famiglia
- spese detraibili e deducibili
- struttura dei costi dell’attività
- entità delle rimanenze di magazzino e delle attrezzature (ristorno Iva detratta)
- tipologia di clientela
- presenza di altri redditi
Un calcolo articolato da cui si può dedurre se aderire al regime forfettario a partire dal 01 gennaio 2019.
Ovviamente, è necessario prima verificare la sussistenza (o permanenza) dei requisiti di accesso.
IMPORTANTE: i soggetti che hanno i requisiti del regime forfettario ma che decidono però di applicare il regime ordinario, sono obbligati a rimanervi per almeno tre anni. Perciò, un errore di valutazione penalizza per un triennio!
Per aiutarti nel calcolo, abbiamo realizzato il software FLAX – regime forfettario 2019!