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Il Comune non può ricorrere ai volontari

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Gli enti locali, con la riforma del Terzo Settore, non possono ricorrere alle prestazioni di volontari ingaggiati direttamente

 

I comuni non possono avvalersi direttamente di volontari da rimborsare e da assicurare, ma devono necessariamente coinvolgere gli enti del Terzo Settore (D. Lgs. nr. 117/2017) con i quali stipulare una specifica convenzione.

 

E’ quanto chiarisce la Corte dei conti per la Lombardia, con il parere nr. 281 dello scorso 24 ottobre 2017,  la quale nega perciò la possibilità che gli enti locali si possano avvalere direttamente di volontari per lo svolgimento di attività di interesse generale.

 

La vicenda parte dal quesito posto da un ente locale alla Corte dei Conti competente in cui riteneva ora, alla luce della recente Riforma del Terzo Settore, possibile intrattenere rapporti diretti con singole persone fisiche volontarie. Contrariamente, all’orientamento contrario della magistratura contabile in vigenza della Legge nr. 266/2001.

 

Secondo il comune, infatti, il co. 2 art. 17 del D. Llgs, nr. 117/2017 prevede che “il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore“.

In ciò, la congiunzione “anche” può essere intesa nel senso di ammettere sia la possibilità per i comuni di avvalersi dell’attività dei volontari nell’ambito di convenzioni con gli enti, sia di convenzionarsi direttamente con volontari come persone fisiche.

 

La sezione controllo della Corte dei Conti interpellata, invece rigetta questa interpretazione e ribadisce che il D. Lgs nr. 117/2017 non solo conferma quanto già previsto nel precedente regime normativo, ma addirittura ne rafforzare il divieto di designare direttamente persone fisiche come volontari.

 

Tra l’altro, l’art. 56 del D. Lgs. nr. 117/2017 dispone chiaramente che le pubbliche amministrazioni “possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato.”

 

Per altro, il richiamato art. 56 dispone che “l’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento, mediante procedure comparative riservate alle medesime“.

 

Il pericolo sottostante è di giungere a simulare un rapporto lavorativo (seppur precario) in violazione dell’obbligo di costituire rapporti di lavoro esclusivamente a pubblico concorso e di ledere i diritti del lavoratore subordinato.

 

 

Infine, il parere ricorda il parere della Corte dei Conti Toscana (nr. 141/2016), secondo il quale deve “ritenersi escluso in radice un autonomo ricorso delle p.a. a prestazioni da parte di volontari a titolo individuale, perché la necessaria interposizione dell’organizzazione di volontariato, ben lungi da inutili e barocchi formalismi, vale a salvaguardia di interessi che sono di ordine pubblico e che, come tali, non ammettono deroghe od eccezioni di sorta, ad assicurare, da un lato, che lo svolgimento dell’attività dei volontari si mantenga nei rigorosi limiti della spontaneità, dell’assenza anche indiretta di fini di lucro, della esclusiva finalità solidaristica, dell’assoluta e completa gratuità; e, dall’altro, che resti ferma e aliena da ogni possibile commistione la rigida distinzione tra attività di volontariato e a attività altre.

Redazione

Dottore Commercialista e Revisore Legale Pianificazione e Controllo di Gestione Finanza Agevolata e Crisi d'Impresa Formazione