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Omessa dichiarazione fiscale: il commercialista non è responsabile

Il commercialista non è tenuto alla trasmissione della dichiarazione dei redditi salvo l’assunzione formale del relativo impegno

 

La Corte di Cassazione ha chiarito con ordinanza nr. 11832 del 09 giugno 2016 che il contribuente è tenuto a controllare l’operato del commercialista anche in materia di adempimenti fiscali.

 

Ai sensi D. Lgs. nr. 472/1997, la responsabilità del consulente, a seconda dei casi, può assumere diverse configurazioni.

 

Responsabilità esclusiva diretta

Interviene quando il consulente è colui che ha commesso la violazione. In tal senso, opera l’art. 5 co. 1, primo periodo del D. Lgs. nr. 472/97 ai sensi del quale “nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.”
Rientra in tale ambito, ad esempio, la tardiva od omessa trasmissione delle dichiarazioni da parte degli intermediari di cui al co. 3 dell’art. 3 DPR nr. 322/98 punita, ai sensi dell’art. 7-bis, co. 1 del D. Lgs. nr. 241/1997, con la sanzione amministrativa da 516 euro a 5.164 euro.

 

Responsabilità esclusiva in luogo dell’autore della violazione

Ai sensi dell’art. 10 del D. Lgs. nr. 472/1997, la responsabilità esclusiva del consulente si estende anche a tutti quei casi in cui lo stesso abbia agito inducendo altri in errore incolpevole, determinando così la commissione di una violazione.

Si parla in questo caso di autore mediato. L’istituto in questione può trovare applicazione nel caso in cui il comportamento in violazione alla legge tributaria sia posto in essere, ad esempio, dal contribuente, il quale sia stato indotto in errore incolpevole dal parere di un professionista qualificato.

 

Responsabilità in concorso

Ai sensi dell’art. 9 del D. Lgs nr. 472/1997, quando il professionista concorre nella violazione tributaria commessa dal cliente, ciascuno di loro soggiace alla sanzione per questa disposta.

 

Considerando che la maggior parte delle attività del commercialista configurano obbligazioni di mezzi; invece, l’incarico conferito per l’invio telematico della dichiarazione configura una obbligazione di risultato.

Di conseguenza, qualora il consulente abbia accettato l’incarico di trasmettere in via telematica la dichiarazione del proprio cliente (sia nel caso in cui sia stata predisposta direttamente da quest’ultimo o dal consulente stesso), l’omessa o tardiva trasmissione del documento comporterà in capo al professionista:

  1. la responsabilità amministrativa per la violazione di cui all’art. 7-bis, co. 1 del D. Lgs. nr. 241/1997
  2. la responsabilità civile con obbligo risarcitorio per il danno subito dal cliente (ovviamente, qualora sia da quest’ultimo chiamato in causa a tale titolo anche con denuncia penale).

 

Il danno subito dal cliente, a sua volta, può rinvenirsi nelle sanzioni allo stesso irrogate dall’Agenzia delle Entrate, derivanti dall’inadempimento dichiarativo (attribuibile al professionista incaricato).

 

La vicenda affrontata dall’ordinanza nr. 11832/16 della Suprema Corte riguarda, appunto, l’attribuzione al commercialista incaricato delle sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

 

Nei due giudizi di merito (CTP e CTR) veniva accolta la tesi del contribuente, secondo la quale la responsabilità per tale violazione doveva ascriversi esclusivamente al professionista stesso, in quanto solo in capo a quest’ultimo, in forza dello specifico mandato d’incarico, incombeva l’obbligo (di tempestiva trasmissione) previsto dalla norma tributaria.

Perciò, venivano annullate le sanzioni a carico del contribuente.

 

Gli Ermellini, investiti dall’Agenzia delle Entrate, ha però ribalta la tesi dei giudici di merito, osservando che l’art. 5 del D. Lgs. nr. 472/1997 richieda “la consapevolezza del contribuente in ordine al comportamento sanzionato, condotta che non deve essere necessariamente dolosa, sanzionando la legge anche la mera negligenza”.

Ora, secondo i Giudici di legittimità, gli obblighi tributari incombenti sul contribuente non possono considerarsi assolti con il mero affidamento delle scritture contabili in capo al professionista e con il conseguente incarico di trasmettere le dichiarazioni fiscali, essendo comunque richiesta un’attività di controllo e di vigilanza sulla loro effettiva esecuzione.

 

E’ necessario, pertanto, il comportamento fraudolento del professionista (si pensi, ad esempio, alla predisposizione di una falsa ricevuta di trasmissione della dichiarazione annuale) può esonerare da responsabilità il contribuente (in tal caso, infatti, è ravvisabile la responsabilità esclusiva del consulente in luogo dell’autore della violazione, ex art. 10 del D. Lgs. nr. 472/1997).

 

In sostanza, per la Suprema Corte, risponde della violazione dell’omissione solo il contribuente, essendo a lui ascrivibile un comportamento quanto meno negligente, per aver omesso ogni controllo sull’operato del professionista da lui incaricato

 

Il commercialista non ha alcun obbligo di trasmissione della dichiarazione dei redditi in quanto, tale adempimento, presuppone l’assunzione espressa del relativo impegno. Ed a ciò vale l’eventuale scambio di comunicazioni (preferibilmente a mezzo pec) con il contribuente reso edotto della propria indisponibilità ad assumere detto impegno.

Infatti, in tal caso, il contribuente è evidentemente e tempestivamente consapevole di provvedere in altro modo agli adempimenti fiscali per non incorrere alle relative sanzioni che, a questo, punto resteranno interamente a suo carico.

E tutto ciò a nulla rilevando la mera tenuta della contabilità.

 

Come detto, il contribuente non deve pagare le sanzioni dell’Agenzia delle Entrate solo se è in grado di dimostrare di aver vigilato sul commercialista e di aver sporto, nei suoi confronti, querela. In altre parole è necessaria la malafede del professionista (Cass. sen. 6790/2017 e sen. 6930/2017).

 

Dunque, per chiamare in causa il commercialista per evitare l’applicazione delle sanzioni, il contribuente deve dimostrare:

  • di aver subito un danno effettivo: dunque che quelle sanzioni, se non ci fosse stata la dimenticanza o l’errore del commercialista, non sarebbero state pagate;
  • la prova dell’esistenza del rapporto professionale: quindi che la tenuta della contabilità o della delega all’invio della dichiarazione dei redditi era stata conferita al professionista;
  • l’errore del commercialista;
  • il rapporto di causa-effetto tra l’errore del commercialista e il danno.

 

Si tratta di un giudizio civile di risarcimento del danno per violazione degli artt. 1218 e 2236 del cod. civ. che regolano lo svolgimento del mandato professionale e che impongono una diligenza elevata:

  • Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
  • Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa.

Redazione

Dottore Commercialista e Revisore Legale Pianificazione e Controllo di Gestione Finanza Agevolata e Crisi d'Impresa Formazione