L’impugnazione tempestiva della notifica irritualmente eseguita rende nullo l’accertamento
La notifica degli atti tributari è il procedimento con il quale l’atto amministrativo di imposizione tributaria viene portato a legale conoscenza del destinatario e rappresenta una condizione di efficacia dello stesso (Cass., Sez. Unite, 2 ottobre 2015, n. 19704).
Ciò significa che, non rappresentando la notifica un elemento costitutivo dell’atto, essa atterrà alla mera efficacia dell’atto e non alla sua validità.
Ed allora, ne deriva sostanzialmente che il vizio di nullità della notifica sarà del tutto irrilevante ove essa abbia raggiunto il proprio scopo in quanto il destinatario ha impugnato l’atto, che si presume viziato, entro il termine di decadenza.
Se, invece, il vizio di nullità della notifica venisse contestato attraverso l’impugnazione dell’atto consequenziale, la sussistenza del vizio accertata dal giudice determinerà l’illegittimità dell’atto impugnato e dell’atto presupposto (illegittimità derivata).
Ciò premesso, sull’argomento è interessante la pronuncia della Suprema Corte Sez. V, sentenza del 20 dicembre 2017, n. 30563 secondo cui, invece, “anche ove la notifica abbia raggiunto il suo scopo con effetto sanante, ciò non esclude che debba essere comunque valutato in concreto il tempestivo esercizio del potere accertativo e/o impositivo da parte dell’Amministrazione, ove eccepito dalla contribuente.”.
Ebbene, quanto affermato dalla sentenza in esame esprime un principio di diritto in linea con quanto stabilito, secondo consolidato orientamento laddove:
“In tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicché la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio.” (Cass. n.8374/2015) e che, la sanatoria della notifica “non esplica alcun effetto sui requisiti di validità dell’avviso di accertamento, non potendo quindi impedire il decorso del termine di decadenza previsto dalla legge per l’esercizio della potestà impositiva, eventualmente maturato precedentemente al fatto sanante. Va però precisato che, tale decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di accertamento, non producendo l’inesistenza degli atti impositivi successivamente emanati, va dedotta dal contribuente come specifico vizio nel ricorso introduttivo dinanzi alle commissioni tributarie, dovendo escludersi un potere di declaratoria d’ufficio del giudice“. (Cass. n.1088/2013).
In particolare, nel contenzioso in esame la società contribuente aveva ricevuto una rettifica del reddito d’impresa laddove la notifica era assolutamente irregolare anche se la società ricorrente ne era venuta in ogni caso a conoscenza per difendersi in giudizio.
Secondo il giudice di appello, l’atto di accertamento aveva raggiunto il suo scopo e ciò aveva determinato la sanatoria di eventuali vizi della notifica ed aveva escluso la decadenza dell’Amministrazione dalla potestà accertativa.
Ecco che, per gli Ermellini, in accoglimento del ricorso, l’inesistenza della notificazione non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti senza alcun dubbio la piena conoscenza da parte del contribuente, rimarcando tuttavia che ciò doveva essersi verificato entro il termine di decadenza concesso all’Ufficio per adottare e notificare il provvedimento amministrativo tributario, nel qual caso grava sull’Ufficio stesso l’onere di provare la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente e la sua acquisizione entro il predetto termine di decadenza.
In sostanza, la Suprema Corte, nel considerare erronea la decisione di appello per avere ritenuto sanabile il difetto di notifica dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo, ha chiarito che la inesistenza giuridica della notifica avrebbe dovuto condurre ad una pronuncia di insuscettibilità di sanatoria.
(articolo a cura di avv. Maurizio Villani – avv. Iolanda Pansardi)