Giovani, se siete in cerca di lavoro, fatevi una chiaccherata con i nonni
La disoccupazione giovanile è un problema (serio!) che nessuno dei governanti di turno è riuscito ad affrontare in maniera strutturale.
D’altronde, in mancanza: di una vera strategia per il lavoro e non solo delle sue tutele; dell’emancipazione dai genitori e di una buona salute del bilancio dello Stato, la politica è imbarazzata quando dalle promesse deve passare poi ai fatti. A tal proposito, un elettorato giovanile – frastagliato e non emancipato – si rimette facilmente ad uno status di sistematica sudditanza.
Non intendo sciorinare sequenze di statistiche: ce ne sono così tante che ben fotografano il problema occupazionale ben numerando una realtà che però non trova tutti d’accordo nelle sintesi. Ad ogni modo, il problema non è la differenza tra le statistiche ma la consapevolezza che la disoccupazione giovanile tra i 16 ed i 24 anni, in alcune latitudini nazionali, supera il 35%!
Eppure, il primo dei commi del primo degli articoli fondamentali della Carta Costituzionale italiana recita che “l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro …“. E’ chiaro, il lavoro e non il reddito che è la naturale conseguenza del principio “lavoro”. Ma, se sostenere il principio serve una generazione, allora è più facile subordinare alla volontà elettorale da sempre incline al … tutto e subito!
Dunque, assodato che il lavoro non deve essere solo un sogno, la soluzione dell’occupazione giovanile è, senza dubbio, complessa e coraggiosa. E se le casse pubbliche non lo permettono, allora si tratta di decidere chi gettare dalla torre: il bambino o il vecchio! Con ciò intendo dire che per salvare una generazione semi-persa è necessario concentrare il sacrificio collettivo su un unico e solo obiettivo: il lavoro strutturale!
Certo non è facile occupare migliaia di giovani laureati in un sistema imprenditoriale ingessato e poco stimolato dall’innovazione (ovviamente, al netto di quelle realtà eccezionali che fanno onore anche all’estero). Non è scritto in nessun manuale che la laurea assicura un posto di lavoro coerente agli studi, anzi in Italia è poco probabile. Mentre i manuali di strategia aziendale insegnano che l’occupazione è a propulsione dinamica funzionale ad una più ampia visione industriale. In pratica, lavoro dinamico in una strategia economia ed imprenditoriale realmente competitiva. E su quest’ultimo aspetto, però l’imprenditoria italiana patisce anche perché le crisi non siamo capaci di anticiparle ma scegliamo di subirle.
Non a caso ho usato il termine “lavoro” e non “posti di lavoro” o “dipendente“. Come detto, la nostra Costituzione fonda la nazione sul lavoro senza alcuna distinzione di forma. Perciò, anche il lavoro autonomo e professionale merita le stesse tutele e preoccupazioni del lavoro subordinato.
Perciò, cari giovani non cercate un “posto fisso“, ma di fisso costruitevi un “lavoro” fatto di competenze professionali ed attitudini personali che potrete portare con voi in qualunque contesto aziendale. E vi assicuro, che le persone competenti ed autorevoli, cioè quelle che portano profitti, sono le prime che le aziende trattengono con un contratto (conseguenza!) professionale o di subordinazione.
Dunque, finché siete giovani (sperando che lo rimaniate!) forgiate sul campo le vostre competenze ed abilità perché queste si apprendono unicamente con quella pratica che la scuola – di ogni grado – non fa’ perché non può fare a causa delle (incomprensibili!) ingessature del sistema didattico italiano. In questa fase, la vera ricchezza non è un reddito o un sussidio, ma le competenze giuste per il contesto economico (giusto o ingiusto che sia) in cui avete deciso di collocarvi. E cercate di far durare questa fase il meno possibile!
Allora, perché evocare i nonni? Perché ai tempi dei nonni (mi riferisco a quelli ultra-sessantenni) sacrificio, caparbietà e senso civico non tolleravano scoramento e compassione.
Loro hanno vissuto la ricostruzione dell’Italia ed hanno sottratto tempo agli affetti. All’epoca i ragazzi erano già maturi rispetto al sacrificio, la scuola era un superfluo perché il lavoro (dell’epoca) era funzionale ad un mercato – condivisibile o meno – che aveva quelle regole di crescita. Loro hanno vissuto l’epoca dell’economia reale del coraggio e della perseveranza nell’ottica “pietra su pietra …“.
Oggi, la tecnologia ed il mercato globale non perdonano la pazienza. Ed il coraggio te lo fanno passare. Certo, oggi è tutto più difficile, ma dico che il coraggio e la perseveranza devono essere concentrati in un lasso temporale ridotto. Dunque, oggi è solo una questione ti tempo e metodo, perciò coraggio e perseveranza non devono mai mancare!
Naturalmente, anche quello dell’epoca non era un mondo perfetto. Oggi, in una realtà invertita anche nelle regole, la testimonianza dei nonni diventa un coraggioso coaching motivazionale che gli stessi genitori non saprebbero fare perché delle “generazioni di mezzo“. E’ un vero peccato procrastinare i sacrifici a quando i figli saranno indipendenti: è proprio questo atteggiamento che li espone ai sacrifici in età oramai avanzata per molte scelte di vita. Con tutte le ovvie conseguenze sulla tenuta economica e demografica del Paese!
Piangere per colpa del lavoro non è oltraggioso: è la prova che siamo dentro al lavoro, lo stesso che porterà a periodi di soddisfazioni. E tutto questo perché il mercato è sfidante! Non evitate i sacrifici per il rischio di piangere; non confidate in strade vellutate o, peggio, torbide scorciatoie: un domani piangerete per questo!
Infine, pur avendo perso molte delle occasioni di sviluppo competitivo, i governanti devono assicurare la migliore (non la massima!) flessibilità di un’economia realmente competitiva pretendendo efficacia del sistema pubblico, premiando il merito e concentrando tutti gli sforzi nella creazione del lavoro a prescindere della sua forma (autonoma o subordinata). Le tutele del lavoro devono rappresentare solo gli argini in attesa di un rapido passaggio di “posto” di lavoro. Mentre, l’elettorato deve maturare la visione del futuro scollata dalle solite personali aspettative: la coperta è corta e si tratta di decidere chi gettare dalla torre. E parlo di intere generazioni!
Se ciò non è chiaro, allora a poco valgono i tentativi di sacrifici e …. le lacrime!