La Legge nr. 3/2012 (artt. 6 -16 Composizione della crisi da sovraindebitamento) offre la possibilità all’impresa non fallibile, al professionista e al consumatore di risolvere la propria situazione di sovraindebitamento attraverso un accordo di composizione della crisi ovvero la liquidazione del patrimonio disponibile. Tale procedura ammette anche la falcidia del debito nonché l’esdebitazione finale.
Vedi una Demo verifica requisti
Cosa si intende per “sovraindebitamento”?
Il co. 2 art. 6 della Legge nr. 3/2012 definisce il requisito oggettivo del sovraindebitamento quale situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché, la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. In pratica, il debitore deve trovarsi in una conclamata situazione di incapacità di rispettare le obbligazioni assunte nonché deve disporre di un patrimonio agevolmente liquidabile comunque non sufficiente a soddisfare integralmente le obbligazioni stesse.
Qual è la ratio della Legge nr. 03/2012 di disciplina della crisi da sovranidebitamento?
L’intento del legislatore è di evitare al debitore inutili collassi economici con la frequente e sistematica impossibilità di soddisfacimento dei creditori e, soprattutto, evitare il ricorso all’usura.
Quali sono i requisiti soggettivi di accesso alla procedura?
Il co. 2 art. 7 Legge nr. 3/2012 stabilisce che non possono usufruire dell’accordo di composizione della crisi e del piano del consumatore coloro che:
- sono soggetti a procedure concorsuali diverse da quelle previste dalla Legge nr. 03/2012;
- hanno fatto già ricorso, nei precedenti cinque anni, a procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento;
- hanno subito, per cause a loro imputabili, un provvedimento di impugnazione, revoca o annullamento del piano;
- hanno presentato una documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la loro situazione economica e patrimoniale.
Com’è definito il consumatore?
La lett. b) co. 2 art. 6 Legge 3/2012 definisce consumatore come il “debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.
Cosa si intende per impugnazione, revoca o annullamento del piano?
Gli artt. 14 e 14-bis Legge 3/2012 prevedono, su istanza di ogni creditore ed in contraddittorio con il debitore, le ipotesi di:
- annullamento: quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo; ovvero, sottratta/dissimulata una parte rilevante dell’attivo; ovvero, dolosamente simulate attività inesistenti;
- risoluzione: qualora il debitore non adempie agli obblighi dell’accordo; ovvero, se le garanzie promesse non vengono costituite; ovvero, se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili allo stesso debitore; ovvero, se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
Cosa succede se un debitore “sotto-soglia” fallibilità, dopo aver presentato la proposta di accordo diventa soggetto poi fallibile?
Sul punto la norma lascia una lacuna interpretativa al vaglio della dottrina come della giurisprudenza. Comunque, dal tenore letterale, la norma condiziona la risoluzione dell’accordo o l’interruzione della procedura solo nel caso intervenga una sentenza dichiarativa di fallimento. Pertanto, il debitore divenuto fallibile prosegue nella procedura di risoluzione della crisi da sovraindebitamento.
Cosa accade al socio illimitatamente responsabile di società fallita?
La legge fallimentare estende il fallimento anche ai soci illimitatamente responsabili. Per questo, essi sono da escludere dal perimetro di accesso alla Legge 3/2012. Nulla osta, però, che essi possano accedervi unicamente per i debiti sorti al di fuori dell’esercizio dell’attività imprenditoriale.
Qual’è il ruolo dell’organismo di composizione della crisi (OCC)?
L’art. 15 Legge n. 3/2012 ed il D.M. n. 202/2014 definiscono natura dell’OCC ed i requisiti per i soggetti che ne fanno parte. Tale organismo, scelto dal debitore, è alternativo al professionista nominato dal presidente del tribunale a cui il debitore stesso ha fatto richiesta. In pratica, il loro ruolo è di accertare la situazione di perdurante e definitiva deficitarietà debitore; di accertare il suo leale operato patrimoniale; di attestare il piano/accordo proposto nonché di vigilare sul regolare svolgimento della procedura.
Quali sono le possibili proposte di ristrutturazione dei debiti?
Le soluzioni sono di tre tipi:
a) accordo di composizione della crisi (artt. 10-12)
b) piano del consumatore (artt. 12-bis e 12-ter)
c) liquidazione dei beni (artt. 14-ter – 14terdecies)
Per i soggetti non fallibili (imprese e professionisti) è precluso il piano del consumatore se non per debiti afferenti la propria sfera privata (consumatore).
Quali requisiti di soddisfazione deve rispettare la proposta di accordo?
La proposta di accordo deve prevedere l’integrale pagamento dei creditori impignorabili (art. 545 c.p.c.); il pagamento anche parziale dei creditori privilegiati purché si dimostri che la liquidazione del patrimonio non assicuri un pagamento superiore; il pagamento parziale dei creditori chirografari purché esprimano il consenso nella misura del 60% del loro valore. Riguardo al piano del consumatore, la norma non prevede alcun consenso dei creditori. Infine, l’accordo/piano omologato ha efficacia nei confronti di tutti i creditori.
Dopo l’omologazione dell’accordo/piano, i creditori possono continuare nelle azioni esecutive?
No, tra gli effetti dell’omologazione è previsto anche il blocco delle azioni cautelari ed esecutive. Inoltre, i creditori con causa o titolo posteriore non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.
Come si ottiene l’esdebitazione?
L’esdebitazione permette al debitore, persona fisica, di liberarsi dai debiti residui (non soddisfatti) purché siano soddisfatte determinate condizioni. La norma consente al debitore di poter ricominciare una nuova attività economica azzerando la propria posizione debitoria pregressa in deroga a quanto previsto dall’art. 2740 cod. civ. secondo cui il debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Nell’ambito della procedura della crisi da sovraindebitamento, l’esdebitazione è prevista unicamente per la soluzione dell’insufficiente liquidazione del patrimonio del debitore (art. 18 D.L. nr. 179/2012). La concessione del beneficio (dopo la chiusura dell’accordo/piano) è subordinata ad una serie di requisiti di “buona condotta” del debitore durante durante l’intera procedura.
Riguardo all’accordo di composizione ed al piano del consumatore, l’esdebitazione dovrebbe agire automaticamente considerato che gli effetti di tali strumenti risolutivi investono tutti i creditori concorrenti.
Il debitore deve essere assistito dal un legale?
La procedura è di volontaria giurisdizione per cui il debitore può personalmente fare istanza di accesso. Tuttavia, dal momento che la procedura potrebbe, con ogni probabilità, avere natura anche contenziosa, è consigliabile l’assistenza del legale di fiducia.
Nel caso, si può prevedere una falcidia anche dei debiti tributari?
In linea di principio, i debiti tributari nonché le relative sanzioni ed interessi godono di privilegio generale con collocazione sussidiaria sugli immobili (art. 2752 cod. civ.). Tuttavia, l’art. 7 Legge 3/2012 prevede un istituto simile alla transazione fiscale di cui all’art. 182-ter L.F. (integrabile nella procedura del concordato preventivo a cui l’accordo da sovraindebitamento è assimilato). In ragione di ciò, i debiti tributari (imposte, sanzioni ed interessi) possono essere oggetto di falcidia. In tal senso anche l’Agenzia delle Entrate con circolare nr. 19/E del 6 maggio 2015. In particolare, i debiti per le ritenute fiscali e previdenziali devono essere pagate per intero anche in forma dilazionata. Riguardo all’IVA (tributo di competenza comunitaria), di recente l’avvocatura della Corte di Giustizia Europea ha aperto alla possibilità di una falcidia nell’ambito di un piano di ristrutturazione aziendale. Finora, invece, al pari delle ritenute, l’IVA può essere solo dilazionata.
Cosa cambia per gli atti di precetto con il correttivo D.L. nr. 83/2015?
Con la Legge nr. 132/2015 (di conversione del D.L. nr. 83/2015), all’art. 480 del cod. proc. civ. stabilisce che l’atto di precetto deve contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi ovvero proponendo un piano del consumatore. L’omessa indicazione non comporta però la nullità del precetto stesso.
Entro quanto tempo il tribunale può omologare la proposta di accordo/piano?
Il co. 1 art. 10 Legge 3/2012 dispone che l’omologazione deve avvenire entro 6 mesi dalla presentazione della proposta.
Quanto costa accedere alla procedura?
Le spese vive da sostenere (diritto unificato e marca da bollo) ammontano a circa 125 euro. A queste vanno aggiunti i compensi per i professionisti che assistono il debitore nella fase preliminare di fattibilità nonché preparatoria della bozza di accordo. E’ ciò tenuto conto che il decreto di rigetto di ammissibilità alla procedura ne impedisce una nuova presentazione prima che siano trascorsi 5 anni.
Nelle province in cui non ci sono OCC, il tribunale richiede un acconto sui compensi spettanti al professionista delegato. Tale importo è variabile è può arrivare anche a 1.500 euro.
In caso, invece, di affidamento ad un OCC, è possibile che venga richiesto un acconto sulla pratica istruita.
Infine, il compenso totale per l’OCC (o il professionista incaricato), determinato secondo gli onorari previsti per gli commissari giudiziali/curatori (ridotto del 40%), è prededucibile dalle somme ricavate dalla procedura.
Per maggiori INFO: CONTATTACI!