Con il D. Lgs. nr. 117/2017 arriva il decreto attuativo della Riforma del Terzo Settore. Obiettivi: mettere ordine ed ammodernare
Obiettivi principali della riforma:
- dare un ruolo più rilevante al settore sociale nella partecipazione ai servizi di welfare, alla ricerca, alla formazione dei lavoratori, alla gestione dei beni comuni;
- creare un Registro unico degli enti del terzo settore al posto di una miriade di Registri nazionali, regionali e provinciali;
- semplificare la normativa fiscale per gli enti non commerciali, stratificata negli anni in disposizioni diverse per ciascuna categoria.
La legge-delega nr. 106/2016, a vent’anni dall’istituzione delle Onlus (con il D. Lgs nr. 460/1997), ha messo le basi per dare una nuova cornice alle oltre 300.000 istituzioni no-profit, per la maggior parte associazioni, che hanno entrate per 64 miliardi di euro, incidendo per il 3,4% sul Pil nazionale, ed occupano più di 1,5 milioni di volontari.
Con i decreti attuativi, comincia un percorso che dovrebbe portare il Terzo Settore a cambiare forma.
Innanzitutto, sarà istituito il Registro unico nazionale (RUNTS) degli Enti del Terzo Settore (ETS).
Il Registro avrà diverse sezioni, per ciascuna categoria, alle quali gli enti potranno iscriversi per accedere alla normativa fiscale di favore prevista dal Codice, alle agevolazioni per le donazioni e al riparto del 5X1000 del’Irpef.
Iscriversi non sarà un obbligo, ma ciascuna organizzazione dovrà valutare le conseguenze della decisione di restare fuori dal perimetro degli Enti del Terzo settore (ETS) registrati, considerando che diverse disposizioni di favore del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) saranno abrogate con l’entrata in vigore del Codice.
Peraltro, anche le leggi quadro di riferimento per le associazioni di promozione sociale (APS – Legge nr. 383/2000) e per il volontariato (Odv – Legge nr. 266/1991) saranno rimpiazzate con il debutto della nuova disciplina.
Sarà abrogata anche la normativa sulle Onlus (gli artt. 10-29 del D. Lgs. nr. 460/1997), alla quale si sostituirà la nuova disciplina fiscale valida per tutti gli ETS.
Il Registro unico non debutterà in tempi brevi: il Ministero del Lavoro ha un anno di tempo per definirne le regole generali, e le Regioni avranno poi sei mesi per renderlo operativo.
Sul piano fiscale, il Codice unico, all’art. 79, traccia una linea netta tra le attività commerciali e quelle non commerciali dell’ente no-profit, eliminando il riferimento alle attività commerciali “connesse” (per le Onlus) o “marginali” (per le organizzazioni di volontariato), fonte in passato di interpretazioni divergenti e contenzioso.
Si considerano non commerciali, ad esempio, le attività di interesse generale svolte in accreditamento, per contratto o in convenzione con la Pubblica Amministrazione (PA) a titolo gratuito o con corrispettivi non superiori ai costi effettivi.
L’ente sarà considerato commerciale se i proventi delle attività svolte in forma d’impresa superano le entrate derivanti da attività non commerciali.
Per gli enti non commerciali, il Codice prevede un regime fiscale forfettario e regimi fiscali ad hoc per le associazioni di promozione sociale e per le organizzazioni di volontariato.
Il Codice riserva una particolare attenzione alle fonti di finanziamento degli enti no profit:
- dal social bonus (un credito d’imposta fino al 65%) per le donazioni a favore delle organizzazioni che recuperano immobili pubblici inutilizzati o beni confiscati alla criminalità;
- all’aumento delle detrazioni e delle deduzioni per le erogazioni liberali, per arrivare ai titoli di solidarietà che potranno essere emessi dalle banche.
L’altro elemento portante della riforma è l’aggiornamento delle regole per l’impresa sociale, ferme al D. Lgs. nr. 155/2006, con l’obiettivo di dare più interesse a questa veste giuridica, scelta fino a oggi solo da 1.300 soggetti per lo più cooperative.
Il rilancio dell’impresa sociale è affidato ad interessanti incentivi fiscali per chi investe nel suo capitale alla detassazione degli utili reinvestiti nell’attività, alla possibilità di distribuire dividendi seppur entro certi limiti e all’ampliamento dei settori di attività.
Sul fronte del 5×1000, un Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) dovrà stabilire l’importo minimo erogabile a ciascun ente e ridefinire le modalità di distribuzione delle quote “inoptate”, cioè non destinate dal contribuente a una singola organizzazione tramite l’indicazione del codice fiscale ma attribuite a un intero settore, con la firma.
Gli enti beneficiari, infine, saranno poi obbligatorio pubblicare online un rendiconto di come sono stati spesi i fondi.