Il revisore non è tenuto a fare i dichiarativi fiscali dell’ente

Non rientrano nei compiti previsti dall’art. 239 Tuel la redazione e/o l’invio delle dichiarazioni fiscali dell’ente in cui il revisore è stato nominato. Solo lo Statuto dell’ente può ampliare le sue competenze

 

Offre più spunti di riflessione sulla figura dell’organo di revisione degli enti locali la recente sentenza del TAR Marche 21.02.2018, n. 186. In quella sede, il giudice ha dato ragione a un revisore dei conti per aver impugnato una delibera consiliare che prevedeva, a carico dell’organo di revisione, “la redazione e la trasmissione per via telematica dei modelli Iva e Irap come in precedenza”.

Il giudice ha censurato la delibera in quanto gli adempimenti fiscali, tipicamente oggetto di incarico professionale, non sono espressamente previsti dall’art. 239 del TUEL che detta i compiti assegnati ai revisori; non solo, la redazione e trasmissione di dichiarazioni fiscali per conto del Comune contrasta proprio con la funzione di vigilanza e di controllo che la legge attribuisce a questo organo. Il TAR ha opportunamente evidenziato che il c. 1, lett. c) del TUEL prevede che il revisore svolga funzioni di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria, relativamente agli adempimenti fiscali e alla tenuta della contabilità.

 

Cosicché la legge esclude che il revisore possa farsi carico degli adempimenti fiscali, proprio perché chiamato a svolgere compiti di vigilanza e controllo sulla correttezza di tali adempimenti, pena l’inammissibile commistione tra attività di controllo e attività controllata.

 

Restando in tema del ruolo del revisore di fronte agli adempimenti fiscali dell’ente in cui svolge le proprie funzioni, non si può tacere riguardo alla criticabile risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 90/E/2010, in risposta a un interpello formulato da un

 

Comune sull’applicazione dell’art. 10, c. 1 D.L. 78/2009, riguardante le condizioni per l’utilizzo del credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale mediante compensazione c.d. “orizzontale”, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 241/1997. Il quesito verteva sull’obbligo del visto di conformità da apporre sulla dichiarazione IVA quale condizione per fruire della compensazione.

 

Alla richiesta se il Comune potesse ricorrere, per lo sblocco del credito IVA mediante compensazione, al proprio organo di revisione, anziché a un professionista esterno abilitato per la verifica della contabilità IVA utile al rilascio del visto di conformità, l’Agenzia ha risposto affermativamente, assimilando la carica di revisore dei conti nell’ente locale di cui agli art. 234 e segg. del TUEL, a quella stabilita dal Codice Civile per il collegio sindacale (autorizzato ex lege a sostituirsi al professionista esterno mediante sottoscrizione della dichiarazione).

 

Pretendere che il revisore svolga gli adempimenti ex D.M. 164/1999 (che deve approdare alla nota check list) è in contrasto con l’ordinamento del TUEL, dove è scritto che i revisori non possono assumere incarichi o consulenze presso l’ente locale medesimo (art. 236, c. 3). Soltanto lo statuto può ampliare le funzioni dell’organo di revisione rispetto a quanto stabilito dall’art. 239.

 

Va anche precisato che la gratuità non è elemento discriminante del divieto. Anzi, l’assunzione dell’onere dell’apposizione del visto di conformità senza richiesta di onorario potrebbe addirittura aggravare la posizione professionale del revisore. Ciò in quanto verrebbe meno lo scudo protettivo dell’assicurazione per responsabilità civile professionale a favore dell’ente locale, già pregiudicato dall’assenza di un’attribuzione specifica di tale compito, come già detto, tra quelli previsti per il revisore dei conti.

(tratto da SistemaRatio)

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