L’impresa individuale si può considerare, sotto certi aspetti, il modello più semplice d’esercizio di attività imprenditoriale.
Perciò, non vi è alcuna definizione dimensionale-organizzativa dell’attività d’impresa, tant’è che nella suddetta definizione rientrano sia le imprese individuali sia le società (di capitali e di persone).
Il codice civile definisce il contratto di società come il contratto con cui due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.
Ne discende che l’impresa individuale non è altro che la forma naturale di esercizio in proprio dell’attività economica, cioè non in forma societaria. In sintesi l’impresa individuale è un esercizio di attività economica non in forma societaria e con assunzione di responsabilità illimitata da parte dell’imprenditore, cioè da parte di colui che la gestisce.
L’impresa individuale non ha una personalità distinta da quella dell’imprenditore, da ciò derivano molte conseguenze in diversi campi e ambiti. In primo luogo, l’imprenditore individuale risponde per i debiti derivanti dall’esercizio della propria impresa, con tutti i propri beni (presenti e futuri art. 2740 cod. civ.), compresi anche quelli personali. E ciò accade anche nel caso di società di persone in cui i soci rispondono illimitatamente ai debiti della società. E ciò perché le società di persone (Sas, Snc) non hanno una distinta personalità giuridica come accade, invece, nelle società di capitali (Srl, SpA).
Nell’eventualità di fallimento dell’ imprenditore individuale, sono assunti nell’asse fallimentare, tutti i beni di quest’ ultimo ad esclusione dei beni espressamente indicati nell’art. 46 Legge fallimentare e in particolare: i beni e i diritti di natura strettamente personale, gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività, entro i limiti di quanto occorre per il suo mantenimento e della sua famiglia, i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall’art. 170 cod. civ., le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
Analoghe conseguenze si verificano per i soci a responsabilità illimitata delle società di persone in caso di fallimento di queste
L’impresa individuale, come detto, vede la persona del solo imprenditore responsabile e titolare a tutti gli effetti.
E’ prevista, dunque, la fattispecie dell’impresa familiare, tale da consentire di coinvolgere nell’attività anche i familiari – con un potere decisionale limitato – alle attività straordinarie e senza rischi in termini di responsabilità. I collaboratori familiari non diventano, infatti, imprenditori a loro volta e né possono essere assimilati ai soci illimitatamente responsabili.
Il familiare lavora in modo continuativo nella nell’impresa familiare, ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia, partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.
Per familiare si intendono (co. 3 art. 230-bis):
Ai fini fiscali, l’impresa familiare deve risultare da apposito atto notarile (o scrittura privata autenticata) da farsi prima dell’inizio del periodo d’imposta e con indicazione di tutti i familiari partecipanti. Come detto, i familiari devono prestare la propria attività nell’impresa familiare in modo continuativo e prevalente.
Infine l’imprenditore titolare deve indicare nella propria dichiarazione dei redditi le quote di partecipazioni dei familiari e con il vincolo che al titolare deve essere attribuito almeno il 51% del reddito.
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