il piano del consumatore è una delle procedure previste dalla disciplina del sovraindebitamento alle quali il soggetto privato (consumatore) può ricorrere per ristabilire un equilibrio economico-finanziario e grazie al quale successivamente può meritare l’esdebitazione.
La suddetta procedura incontra un limite importante che è dato dal giudizio di meritevolezza espresso dal giudice designato.
Il giudizio di meritevolezza attiene alla verifica delle condizioni in cui versa il ricorrente ovvero si ha quando questi – tra l’altro –
“non ha assunto obbligazioni senza la ragionevole certezza di poterle adempiere e nemmeno ha colposamente determinato il proprio sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali”.
A questo proposito giova ricordare che sicuramente chi versa già in uno stato di sovraindebitamento e richiede l’accesso alla procedura non può aver compiuto degli atti dispositivi in frode ai creditori o aver contribuito a peggiorare la propria posizione debitoria contraendo nuovi debiti soprattutto subito prima di aver avuto accesso alla procedura.
A tal proposito giova citare una pronuncia giurisprudenziale del 9 ottobre 2016 del Tribunale di Reggio Emilia in cui è stato omologato un piano del consumatore che presenta nuovi spunti sul concetto di meritevolezza.
Anzitutto occorre sottolineare quali voci componevano la posizione debitoria del soggetto in questione:
Il tutto per circa 160.000 euro.
L’Attivo invece era composto da:
Pertanto la ricorrente versava in stato di sovraindebitamento, avendo accumulato debiti per complessivi 160.000 euro e dovendo sostenere oneri di mantenimento suoi e dei figli minori a fronte dell’attivo suindicato.
A questo punto la difficoltà era quella di superare lo “scoglio” della meritevolezza sulla quale doveva pronunciarsi il giudice. E soprattutto “far comprendere” la buona fede della signora che aveva contratto dei debiti (cessione del quinto e delegazione di pagamento) subito prima di aver avuto accesso alla procedura ma con il solo e unico intento di ripianare la propria difficoltà economica.
Questo rappresentava il discrimen su cui lo stesso giudice poteva pronunciarsi negativamente. Anche perché lo stato di sovraindebitamento era ormai conclamato dal fatto di non poter più far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni con il proprio patrimonio prontamente liquidabile.
Il giudice invece ha ritenuto sussistessero tutte le condizioni per concedere la meritevolezza poiché gli atti dispositivi posti in essere subito prima della procedura rappresentavano un tentativo da parte della ricorrente di ripianare parte dei propri debiti (ovvero quello relativo al mutuo della Banca- che oltre a essere il creditore procedente era anche il maggior creditore) per estinguere così la procedura esecutiva e riavere la propria casa.
Pertanto nonostante l’apparente colpa da parte della ricorrente nell’aver determinato il proprio sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali in realtà il suo disperato atto era un tentativo – in assoluta buona fede e nello spirito di chi tenta di salvare il salvabile – per risollevarsi da una condizione nella quale ormai si era conclamato lo stato di sovraindebitamento.
Possibilità di falcidia dei debiti in ossequio alla norma.
(articolo a cura avv. Luca Calò)
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