Terzo Settore: divieto distribuzione utili anche indiretti

Resta vietata la distribuzione di utili

Per gli Enti del Terzo Settore (ETS), il patrimonio e gli eventuali utili devono essere infatti impiegati esclusivamente per le attività di perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

È anche vietata la distribuzione indiretta di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori e altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo.

Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili:

  • la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;

 

  • la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale, quali interventi e prestazioni sanitarie, formazione universitaria e post universitaria e ricerca scientifica di particolare interesse sociale;

 

  • l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;

 

  • le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale;

 

  • la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze.

 

In caso di estinzione o scioglimento, il patrimonio residuo è devoluto, previo parere positivo della “struttura competente” del Registro unico nazionale del terzo settore (RUNTS), e salva diversa destinazione imposta dalla legge, ad altri enti del terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell’organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale.

 

Il parere è reso entro 30 giorni dalla data di ricezione della richiesta che l’ente interessato è tenuto a inoltrare al predetto ufficio con raccomandata a/r, o secondo le disposizioni previste dal decreto Codice dell’amministrazione digitale, decorsi i quali il parere si intende reso positivamente.

 

Gli atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in assenza o in difformità dal parere sono nulli.

Presso le Regioni, la “struttura competente” è indicata come “Ufficio regionale del Registro unico nazionale del terzo settore”.

Presso le Province autonome la stessa assume la denominazione di “Ufficio provinciale del Registro unico nazionale del terzo settore”.

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