Prezzo di vendita: metodo del full costing

L’azienda, dopo aver stimato la domanda alla quale destinare il proprio prodotto e dopo aver analizzato con attenzione la struttura dei costi interni, può trovare interessante un’ulteriore analisi comparativa con la concorrenza.

  Questo ultimo passaggio metterebbe l’azienda nella condizione di stabilire quale sia il prezzo più corretto a cui vendere i suoi prodotti e/o servizi.

In questo articolo cercheremo di vedere quali sono nella prassi gli strumenti che l’azienda ha a sua disposizione per arrivare a determinare il prezzo di vendita di un prodotto e/o servizio.

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Il prezzo di vendita ed il costo pieno

È appena il caso di affermare che la relazione tra prezzo e costi sottende un’analisi preliminare circa cosa si intenda per costo di produzione.

Di regola quando si parla di produzione ci si riferisce alla somma dei costi di tutti quei fattori produttivi che, di fatto, sono stati utilizzati per arrivare ad ottenere un determinato prodotto.

Il prodotto, in questa visione, è considerato l’oggetto di costo, i fattori che sono stati utilizzati per la produzione sono, invece, gli elementi di costo, mentre i valori degli elementi di costi sono i costi elementari.

È evidente che il modo in cui abbiamo definito il costo di produzione focalizza l’attenzione su come esso debba essere calcolato, ma non ha evidenziato il suo significato.

In realtà, il costo di produzione può essere analizzato sotto due significati, ovvero:

  1. un significato economico: secondo questa modalità di “leggere” il costo di produzione ne deriva che esso rimanda al valore di tutti quei fattori produttivi che sono stati impiegati in maniera irreversibile per la realizzazione di un certo prodotto;

  2. un significato finanziario: l’analisi del costo di produzione secondo questa altra modalità di lettura ci porta, invece, a spostare l’attenzione e lo studio del costo di produzione proprio in riferimento alle risorse monetarie che sono state investite nel processo produttivo e che l’azienda, con la vendita del prodotto, intende recuperare attraverso il conseguimento dei ricavi di vendita.

È proprio da un’analisi del costo di produzione in funzione del significato finanziario, che si intravede la relazione che esiste nella pratica tra i costi di produzione ed i ricavi di vendita e, quindi, i prezzi con i quali vengono valorizzati i prodotti che l’azienda intende collocare sul mercato.

Un’azienda, soprattutto di piccole dimensioni, non può prescindere dall’analisi, ma anche dalla conoscenza, della propria struttura dei costi di produzione. Questo è particolarmente utile soprattutto in sede decisionale. Per esempio, sapere quale sia il valore dei costi di produzione può tornare utile quando ci si trova a:

  1. dover decidere se convenga o meno avviare la produzione di determinato prodotto, nell’ipotesi in cui si conoscesse il suo prezzo di vendita. In questa circostanza, a puro titolo di esempio, si ipotizzi che un cliente volesse acquistare da un’azienda 100 pezzi di un determinato prodotto X e che, inoltre, fosse disposta a spendere non più di 200 Euro per ognuno di questi beni. Dal canto suo l’azienda, al fine di valutare la bontà dell’offerta, deve calcolare il costo di produzione dei 100 pezzi del prodotto X. Se stimasse che codesto costo fosse di 25.000 Euro, ne deriverebbe che il costo unitario per l’azienda sarebbe di 250 Euro. Con queste condizione, a meno di non voler fare una controproposta al cliente, non le rimane che rifiutare l’offerta del cliente e desistere, quindi, dall’avviare il processo produttivo;

  2. dover decidere quale sia il prezzo di vendita più conveniente. In questo caso il prezzo di vendita non è stabilito dal cliente, ma è l’azienda che deve determinarlo. Ipotizziamo che da un bene X da immettere sul mercato, l’azienda voglia conseguire un margine obiettivo del 30% sul costo (il cosiddetto mark-up). Anche in questa circostanza è importante conoscere quale sia il costo unitario del prodotto X perché, in mancanza del dato, ci troviamo nell’impossibilità di stabilire il prezzo di vendita. Se, allora, il costo unitario fosse di 100 Euro, il prezzo di vendita, in grado di assicurare all’azienda un margine obiettivo del 30%, dovrebbe essere fissato a 130 Euro. Di per sé questo ragionamento è ineccepibile in quanto, almeno sulla carta, mostra tutta la sua validità. L’imprenditore deve, però, tenere in considerazione che il prezzo, perché possa essere accettato dal mercato non può non prescindere da variabili diverse dal costo come, ad esempio, la quantità domandata del prodotto e, soprattutto, il livello dei prezzi della concorrenza;

  3. dover decidere se acquistare o produrre internamente (make or buy). L’analisi del costo di produzione aiuterebbe molto l’imprenditore a decidere se acquistare o continuare ad acquistare fattori produttivi o valutare l’ipotesi di produrre gli stessi all’interno dell’ azienda. La scelta è condizionata dal fatto che, se il costo di produzione dovesse essere inferiore al costo di acquisto del prodotto direttamente da un fornitore, l’azienda può pensare seriamente di produrre il bene internamente. Viceversa, sarebbe opportuno continuare a servirsi del fornitore nell’ipotesi in cui il costo di produzione fosse più alto rispetto a quello di acquisto.

Qui di seguito è schematizzato cosa accade quando l’azienda decide di avviare un processo produttivo. La figura che segue, letta da sinistra a destra, mette in chiaro come i fattori produttivi (materia prime, energia elettrica, costi per servizi, interessi passivi, ecc.) una volta acquistati, vengano immessi all’interno del processo produttivo per essere trasformati e, successivamente, per essere venduti alla clientela con il conseguente conseguimento di ricavi di vendita.

Creare la correlazione tra costi sostenuti e ricavi conseguiti significa riuscire, operativamente, a trovare un metodo che metta l’azienda nella condizione di confrontare correttamente i prezzi unitari di vendita con i costi unitari del prodotto o dei prodotti in esame e, quindi, correlare anche i ricavi totali ed i costi totali.

I metodi a cui l’azienda può ricorrere per cercare di analizzare il significato di codesta correlazione, sono fondamentalmente due e cioè:

  1. il metodo del costo pieno, ovvero conosciuto anche come full costing method;

  2. il metodo del costo diretto variabile, ovvero conosciuto anche come direct costing method.

Va subito detto che alla base di tutte e due i suddetti metodi c’è, comunque, l’obiettivo di quantificare sia i ricavi conseguiti che i costi sostenuti in funzione della quantità normale di produzione.

Inoltre, perché i suddetti metodi possano essere applicati, è necessario che si disponga dei seguenti dati, ovvero:

A) il ricavo complessivo così calcolato

RT = P x QNV

dove:

p = prezzo unitario di vendita

QNV = quantità normale venduta

B) il costo complessivo così calcolato

CT = CV x QNP + CF

dove:

CV = costo variabile unitario

QNP = quantità normale prodotta

CF = costo fisso.

È evidente che il confronto di cui sopra deve avvenire considerando da una parte il prezzo di vendita determinato e, dall’altra, il costo pieno o full cost (FC), ovvero il costo unitario medio costruito come somma dei costi variabili unitari (CV) con una quota dei costi fissi (CF).

Potremo allora scrivere:

FC = CVu + CFu

dove:

FC = full cost (o costo pieno)

CVu = costo variabile unitario

CFu = costo unitario fisso che è possibile ottenere come il rapporto tra i costi fissi totale (CF) e la quantità normale prodotta (QNP), ovveroCFu = CF / QNP

L’imprenditore che vuole determinare il prezzo di vendita di un prodotto attraverso il metodo del full cost, parte dal presupposto che ogni unità prodotta e, quindi, venduta, non solo è in grado di coprire i costi variabili, ma anche di assorbire una parte dei costi fissi. L’utile unitario (RU) o la perdita unitaria (PU) sarà allora dato dalla differenza del prezzo (P) meno il costo pieno unitario (FC), ovvero:

RU = P – FC = P- (CVu + CFu)

Dalla formula del full costing si possono trarre anche altre informazioni non meno importanti quali, ad esempio:

  • l’eventualità nella quale un prodotto dovesse avere un prezzo (P) inferiore al costo pieno (FC), è consigliabile non metterlo in produzione perché, evidentemente, il prezzo di vendita non sarebbe capace di coprire i relativi costi di produzione;

  • nel caso di produzione di più prodotti, dall’analisi del costo pieno, potrebbe risultare un prodotto con un utile unitario maggiore rispetto ad un altro prodotto. In questa eventualità sarebbe opportuno che l’azienda focalizzasse maggiormente i suoi sforzi sul bene con un utile unitario maggiore;

  • per quanto possa sembrare ovvia la seguente considerazione, quando si determina il prezzo di vendita con il metodo del full costing è importante accertarsi sempre che il prezzo sia maggiore rispetto al costo pieno.

E’ evidente che nell’ipotesi che contempla un prezzo di vendita unitario inferiore al costo pieno unitario (P < FC) la decisione più saggia da prendere sarebbe quella di interrompere la produzione del bene perché, è evidente, che ogni prodotto venduto è fonte non di utili ma di perdite per l’azienda.

Un esempio forse può aiutarci a capire come, realmente, l’imprenditore dovrebbe comportarsi.

A tal riguardo ipotizziamo che il nostro imprenditore produca un particolare tipo di scatola. Facciamo riferimento ad un livello di quantità prodotta, ipotiziamo a riguardo che essa sia stabilita in 5.000 unità. In riferimento a questo livello di quantità normale, l’imprenditore dispone di questi dati:

  • prezzo unitario di vendita (P) = € 3,9
  • costo variabile unitario (CVu) = € 2,15
  • costi fissi totali (CF) = € 10.000

Per calcolare la quota di costi fissi (CFu) che ogni singola scatola avrà asssorbito, sarà sufficiente rapportare il valore dei costi fissi totali (CF) con la quantità normale prodotta (QNP), ossia:

CFu = €10.000 /5.000=€ 2,00

Con questi dati è ora possibile calcolare il costo pieno della singola scatola che il nostro imprenditore produce:

FC = CVu + CFu = € 2,15 + € 2,00 = € 4,15

Il costo pieno unitario appena trovato risulta essere maggiore rispetto al prezzo di vendita unitario (€ 3,90), con conseguente ottenimento di una perdita unitaria (PU), infatti, applicando la [5] avremo:

PU = P – FC = € 3,90 – € 4,15 = – € 0,25

L’imprenditore, è evidente, si trova nella possibilità di intraprendere due strade, ovvero:

  1. interrompere la produzione del prodotto (in questo caso non c’è sostituzione di tale produzione);

  2. interruzione della produzione del prodotto con conseguente sostituzione dello stesso con altro più remunerativo.

Per capire quale delle due decisioni sia la più corretta, si può riportare qui di seguito una simulazione di quello che potrebbe essere la conseguenza dell’una o dell’altra scelta.

Dati utili per la decisione

Ipotesi di interruzione

produzione

Ipotesi di produzione

1. Quantità di beni venduta

0

5.000

2. Prezzo di vendita unitario

€ 3,9

€ 3,9

3. Ricavi totali (1. x 2.)

€ 0

€ 19.500

4. Costo variabile unitario

€ 2,15

€ 2,15

5. Costo variabile totale (1. x 4.)

0

€ 12.500

6. Margine di contribuzione (3.– 5.)

0

€ 7.000

7. Costi fissi

€ 10.000

€ 10.000

8. Perdita totale (6. – 7.)

– € 10.000

– € 3.000

Dalla tavola precedente è possibile avere immediatamente il colpo d’occhio di cosa potrebbe accadere, in termini di conseguenze da un punto di vista economico, se l’imprenditore fosse tentato di interrompere la produzione del bene senza attivarne un’altra.

In quest’ultimo caso la perdita, anziché essere di soli 3.000 Euro (ipotesi che si verificherebbe nella eventualità la produzione continuasse), passerebbe a ben 10.000 Euro.

Il motivo di questi differenti risultati va ricercato proprio nell’esistenza dei costi fissi che, come sappiamo, non possono essere eliminati e corrispondono proprio all’importo della perdita a cui andrà incontro l’azienda se fermasse la produzione del bene.

La riduzione dell’importo della perdita, nell’ipotesi in cui la produzione dovesse continuare, è, invece, attenuata proprio dal margine di contribuzione.

Volendo sintetizzare:

Il metodo del full costing suggerisce:

  1. di stare alquanto attenti quando si decide di interrompere una produzione di un bene che genera una perdita. È evidente che la cosa più conveniente è proprio continuare la produzione di un bene in perdita. Di contro, l’abbandono della produzione può avere un suo senso nell’eventualità nella quale l’imprenditore fosse nella condizione di sostituire il prodotto da sopprimere con un altro che, dotato degli stessi costi fissi, dia modo all’azienda di conseguire un margine di contribuzione più alto;

  2. di valutare con attenzione il prezzo di vendita di un prodotto in perdita.

Abbiamo visto che un prodotto in perdita non può essere eliminato dal processo produttivo con leggerezza. Del resto la perdita può essere causata da un prezzo di vendita minore del costo pieno. In questo caso ciò che più conta è che il prezzo abbia, però, un valore che sia comunque maggiore rispetto al costo variabile. Questa ultima eventualità mette l’azienda nella condizione di avere, in questo modo, un margine di contribuzione tale da coprire una parte dei costi fissi e, quindi, di attenuare le eventuali perdite.

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