Business Plan con l’esperienza del marinaio

L’attività imprenditoriale è, per sua natura, un’attività soggetta al naturale rischio dell’incertezza.

Lo stesso legislatore italiano, nel definire l’imprenditore, stabilisce che egli è colui “che esercita professionalmente un’attività economica, organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi.” (art. 2082 cod. civ.).

Nulla dice in ragione del fatto che tale attività debba produrre necessariamente profitto, lasciando perciò intesa l’incertezza dei risultati economici: sono sufficienti la professionalità e l’organizzazione di un’attività economica destinata alla produzione e/o al commercio.

 

D’altronde, se ci fosse la certezza di profitto/perdita, diventerebbe eccessivamente banale fare/non fare impresa. Ma così non è e ce ne rendiamo conto: la crisi economica globalizzata sta mettendo a dura prova le imprese a prescindere dalla loro dimensione.

Di conseguenza, la sfida che ogni imprenditore si trova ad affrontare ogni giorno è rappresentata dalla capacità di saper guardare avanti, anticipare i tempi e riuscire a conseguire un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza sempre più agguerrita.

“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.” recitava Seneca. E come dargli torto soprattutto oggi che non esistono più mari ma solo oceani!

 

Perciò, l’ineludibile valutazione delle ripercussioni che determinate scelte strategiche possono causare, rappresenta una fase estremamente delicata in cui decidere se avviare o meno un’idea imprenditoriale ovvero se il percorso di rilancio o di innovazione è quello giusto.

Senza dimenticare che …. anche la decisione di non fare nulla può essere quella vincente!

 

Dunque, quanti imprenditori in carriera e quanti aspiranti tali agiscono con un buon Business Plan (o Piano Industriale che dir si voglia) in tasca? Seneca ammonisce!

 

Tuttavia, non è raro imbattersi in piccole e medie imprese che non adottano alcun tipo di strumento di programmazione della propria azione imprenditoriale. I motivi alla base di tale mancanza sono diversi: mediocre conoscenza degli strumenti, ermetica “cultura d’impresa”, convinzione che si tratti di perdite di tempo, obbligo imposto dai bandi di agevolazioni pubbliche, onerosità dei sistemi di programmazione, ecc.

 

Ma “se la conoscenza costa, immaginiamo quanto possa costare l’ignoranza!” risposi ad un avveduto imprenditore che discuteva su un proposta formativa nell’ambito di un progetto di Pianificazione e Controllo di gestione.
Tuttavia, non ci è voluto molto per fargli capire che si trattava di un investimento e non certo di una semplice spesa: si può fare innovazione di processo agendo anche sulle persone in quanto risorse umane! Anzi, bisognerebbe partire dall’innovazione delle persone per ottenere l’innovazione dalle persone!

 

Per molti piccoli imprenditori si tratta di processi che, nella realtà, conducono a decisioni affrettate che potrebbero generare danni ingenti piuttosto che fornire benefici tangibili. Queste considerazioni sono diffuse a livello nazionale, ma tendono a divenire particolarmente importanti nei territori a più basso sviluppo economico.

 

In Italia la maggior parte delle imprese è caratterizzata dalla piccola dimensione e, in particolare, su 4,3 milioni di aziende (dal 9° Censimento dell’Industria e dei Servizi elaborato dall’Istat nel 2013) il 94,6% è costituito da micro-imprese: sotto i 10 dipendenti e con un fatturato annuo che non supera i 2 milioni di euro. Mentre, le grandi imprese rappresentano solo lo 0,1% della stima.

 

Ma il Business Plan non è solo per grandi! E’ per l’imprenditore!

 

Questi dati fanno facilmente comprendere che il governo aziendale nella maggioranza dei casi procede “a vista” o “a naso” (Seneca implora!), perseguendo generalmente obiettivi di breve o brevissimo periodo. Ci troviamo spesso di fronte a strutture poco organizzate e con processi obsoleti, personalizzati e scarsamente formalizzati.

 

Allora, il naufragio è servito quando il mercato non basta più, i concorrenti si sono ben attrezzati, il dipendente va’ via portandosi dietro competenze e procedure che chi rimane avrà spiato in qualche occasione.

 

Alla luce di tali considerazioni è evidente che un gran numero di piccole e medie imprese non hanno ancora colto le infinite possibilità di crescita e le potenzialità che un buon Business Plan può portare.

In tal senso è auspicabile un repentino cambio di mentalità. Diversamente, i processi di Business Plan continueranno ad essere sfruttati esclusivamente da quelle grandi imprese che negli anni passati sono riuscite ad avere uno sguardo chiaro sul futuro riuscendo ad anticipare i tempi e ottenendo un grande vantaggio competitivo nei confronti dei competitors.

 

Gli obiettivi che ogni azienda dovrebbe perseguire possono essere ricondotti a tre differenti categorie:

  • ricerca del più alto grado di efficienza delle operazioni correnti;
  • gestione dei rischi correlati alle attività correnti;
  • sviluppo di competenze interne a supporto dei processi di innovazione e adattamento ai cambiamenti del mercato.

 

In quest’ottica il corretto utilizzo di uno strumento di programmazione come il Business Plan diventa cruciale: è importante fissare i giusti obiettivi da raggiungere e pianificare le azioni da implementare per raggiungerli.

 

Si tratta di un processo che, nella maggior parte dei casi, ha portato aziende che inizialmente operavano secondo logiche informali a conseguire obiettivi ambiziosi, una forte crescita dimensionale, una struttura più solida e competitiva ed in alcuni casi un’espansione internazionale.

 

A conforto, da qualche anno a questa parte l’Unione Europea promuove l’uso del piano d’impresa come procedimento di analisi e di previsione necessario per poter accedere alle agevolazioni finanziarie che utilizzano fondi pubblici.

Sulla stessa linea, anche in Italia, tutte le leggi agevolative nazionali e regionali pretendono la redazione del Business Plan al fine di presentare la proposta progettuale su cui poter concedere il contributo pubblico.

Ed anche le banche iniziano, seppur con imperdonabile ritardo, a chiedere informazioni sui progetti poiché hanno compreso che i prestiti si pagano con i futuri flussi di cassa non certo con l’appeal reddituale delle ultime dichiarazioni fiscali!

 

In sostanza, il Business Plan è un documento ben strutturato, chiaro, esaustivo e dettagliato che diventa, nella maggior parte dei casi, l’elemento decisivo per il successo dell’iniziativa imprenditoriale.

E’ uno strumento (che si riscopre) capace di rispondere a innumerevoli interrogativi: chi siamo? cosa vogliamo fare? cosa offriamo? a quali clienti? come promuoviamo il prodotto/servizio? quale approccio utilizziamo? come progettiamo i processi? con quali partner? quali costi? quali i ritorni? quali precedenti esistono? quale dimensione vogliamo raggiungere? Ecc.

 

Il cuore di un Business Plan si sviluppa proprio trovando le risposte a tali domande attraverso una struttura di riferimento ben consolidata, che agevola i soggetti preposti a valutare la bontà dell’iniziativa.

 

E nella sua costruzione non possono mancare le valutazione e le decisioni fatte nel:

 

Ma più di ogni altra cosa, il Business Plan, nell’istante in cui è adottato, costituisce la mappa segreta per raggiungere nuovi traguardi aziendali!

 

È in questo ambito che la figura del professionista diventa cruciale!

 

Spesso il titolare o l’amministratore di un’impresa obietta come il professionista debba passare mesi prima di “… sapere dell’azienda”: personalmente, entrando in azienda mi soffermo a guardare l’ordine dell’estetica ed il paraverbale dei dipendenti per avere già un’idea dell’azienda che il titolare/amministratore mi racconterà!

Oppure, mi capita di dialogare con titolari/amministratori che sostengono – soddisfatti – di essere al corrente di tutto ciò che accade in azienda non avendo, però, la più pallida idea di quello che potrebbe accadere!

 

Dunque, l’estraneità alle dinamiche (clima) aziendale e l’elevata specializzazione costituiscono elementi indispensabili a supporto del più ampio spettro di competenze che ogni impresa e, in generale, ogni professione deve perseguire.

 

Il professionista può così diventare colui che promuove e supporta le scelte strategiche lungo la complessa catena del valore che ogni impresa deve formalizzare e dominare!
E se Seneca non bastasse, allora Confucio sentenzia “Colui che non prevede le cose lontane, si espone ad infelicità ravvicinate.”

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