In base agli accordi di Basilea, le conseguenze più rilevanti dei rapporti tra le banche e le aziende sono dovute all’importanza che i processi di rating assumono sia ai fini di concessione del credito che nella determinazione delle condizioni finanziarie. Dopo Basilea 1, Basilea 2 ha stabilito le regole con cui le banche dovranno calcolare il loro capitale regolamentare, definendo anche quali sono le nuove modalità di valutazione della clientela.
Basilea 2 garantisce che il patrimonio delle banche sia sufficiente per far fronte a situazioni di crisi e in particolar modo, a casi di insolvenza da parte dei clienti. Il capitale di riserva delle banche dipende direttamente anche dalla qualità e dalla caratteristiche dei prestiti concessi ai clienti. Quindi ne consegue che quanto maggiore è la rischiosità del cliente, tanto maggiori potranno essere gli oneri, e quindi tanto più stringenti le condizioni per il prestito.
In Basilea 2 il rischio è determinato da quattro variabili:
Sono quelle che alimentano i sistemi di scoring e sono, per definizione, alla base della piramide del processo che conduce al rating. Si tratta di elementi di grande importanza, perché sono caratterizzati dalla maggiore “oggettività”. Grazie a tale “oggettività” i modelli di elaborazione possono pervenire a valutazioni univoche, indipendenti dall’intervento di un valutatore umano. Non a caso quasi sempre il perfezionamento di questa parte della procedura da rating è affidata a modelli di elaborazione automatici.
Il risultato di queste elaborazioni automatiche è di regola definito “scoring” anziché “rating”, per sottolineare che la valutazione è di tipo quantitativo e oggettivo. Lo “scoring“, dunque, ha il pregio dell’assoluta oggettività, ma non possiede l’elasticità necessaria a tener conto degli elementi qualitativi, delle eccezioni e i casi particolati.
La valutazione di affidabilità è invece molto complessa che l’influenza di questi aspetti è troppo significativa per poter essere ignorata. I modelli di scoring erano già utilizzati dalle banche maggiori da molti anni. L’accordo di Basilea 2 ne fissa rigorosi standard di funzionamento e di utilizzo, laddove in precedenza le banche li usavano in piena libertà ed autonomia ai loro fini interni.
Ormai tutte le banche hanno sostituito o integrato la tradizionale valutazione fatta dal settorista, con una analisi automatica fornita da un sistema di scoring. I sistemi di scoring prevedono una valutazione del di tipo oggettivo di elementi quantitativi ( bilanci, eventuali altri rendiconti finanziari, dati interni di evoluzione rapporti). L’analisi del bilancio risulta essere elemento di valutazione di importanza critica e viene svolto in via primaria dal sistema di scoring. Il modello di scoring funziona in questo modo.
Esistono sistemi molto complessi che prendono in considerazione centinaia di indici e li valutano in maniera diversificata, a seconda del settore economico di appartenenza e delle dimensioni aziendali. Altri invece analizzano solo gli indici più importanti. Anche nei modelli di scoring più sofisticati, dove gli indici presi in considerazione sono centinaia, gli indici più significativi hanno una capacità predittiva che da sola supera il 90% della performance complessiva.
Si tratta degli indici di patrimonializzazione, redditività e rotazione, autofinanziamento, equilibrio fonti-impieghi.
Per quanto riguarda la patrimonializzazione gli indici sono:
Per quanto riguarda gli indici sui ritorni sull’investimento ovvero di sintesi di redditività e rotazione, si possono evidenziare:
Per quanto riguarda l’autofinanziamento, invece bisogna far riferimento all’autofinanziamento dell’esercizio. Con il termine autofinanziamento si intende la somma dell’utile netto aziendale con ammortamenti ed eventuali accantonamenti a fondi rischi. L’importanza di questo indicatore, nasce dal fatto che rappresenta il valore di cui diminuirebbe il debito finanziario aziendale nel corso di un’esercizio, se si verificassero le seguenti condizioni:
L’autofinanziamento non è valutato in valore assoluto ma rapportato all’indebitamento aziendale, o in alternativa al totale del capitale investito.
Per quanto riguarda l’equilibrio della composizione fonti-impieghi, occorre esaminare i seguenti indici di liquidità e copertura degli immobilizzi:
In questo caso le valutazioni hanno un contenuto numerico, ma non possono essere considerate oggettive, perché spesso hanno un contenuto previsionale. Il loro contenuto cambia quindi in funzione del tempo e del soggetto emittente.
Anche per questo i dati sono in genere accompagnati da relazioni esplicative e qualificative, anche quando si tratta di rilevazioni a consuntivo, come le statistiche sugli andamenti di settore o di area geografica, tali rilevazioni hanno limiti dovuti al fatto che si tratta di indagini campionarie e come tali dipendono dalle numerosità del campione e dall’accuratezza delle rilevazioni. Nonostante tutte queste limitazioni gli elementi in questione hanno una grande valenza ai fini del rating.
Le grandi aziende di rating hanno sempre assegnato alle variabili qualitative una grande importanza, effettivamente sono degli elementi che hanno una grande significatività. Le banche invece da questo punto di vista non hanno una grande tradizione, fino a poco tempo fa la valutazione degli elementi, quando veniva fatta, era gestita in maniera non formalizzata dal settorista o addetto ai fidi.
L’accordo di Basilea 2 non definisce rigorosamente le procedure di analisi qualitativa né stabilisce quali variabili vanno prese in considerazione. Le banche tendono sempre più ad inserire nei propri sistemi di rating l’analisi “sistematica” delle variabili qualitative, le quali possono cambiare da banca a banca ma in linea di massima comprendono:
Alcune verifiche campionarie fatte attraverso confronti con le direzioni di alcune banche fanno ritenere che a queste variabili siano lasciati margini che complessivamente consentono di migliorare il punteggio che emerge dalle analisi sino al 20/25% circa. Cattive valutazioni emergenti da queste variabili possono al contrario arrivare a peggiorare radicalmente la classe di rating assegnata. Si tratta quindi di aspetti che possono risultare decisivi nell’acquisizione di classi di rating idonee a ottenere l’affidabilità necessaria o per contenere i costi finanziari.
Salvo i casi di micro-impresa, dove è possibile che tutte le funzioni chiave siano concentrate nel titolare, è fondamentale che le informazioni prodotte dal sistema di controllo di gestione vengono condivise, sia nella fase di pianificazione che nella fase di consuntivazione.
Nella fase di pianificazione, ciò serve a far partecipare tutte le interfacce alle valutazioni di fattibilità degli obiettivi e ad impegnarle al raggiungimento dei risultati di propria competenza, migliorando in tal modo anche la qualità delle previsioni. Nella fase della verifica, la condivisione dei risultati richiama tutte le funzioni alle loro responsabilità, nei casi in cui le evoluzioni a consuntivo siano state molto diverse da quelle che esse avevano in qualche modo promesso.
In conclusione, gli attuali sistemi di valutazione delle banche, danno molto peso alle informazioni cosiddette “andamentali“, incluso il flusso di ritorno della centrale dei rischi, ancorché questo sia soggetto a restrizioni di soglia di rischio. Anche lo scoring di bilancio ha un peso piuttosto sensibile, giustificato d’altronde dal fatto che i test statistici finora effettuati confermano una capacità effettiva di questo tipo di scoring piuttosto elevata che raggiunge o supera l’80-85% , anche nei sistemi più semplici fondati su un ridotto numero di indici di bilancio.
Le banche attualmente, assegnano all’intervento soggettivo degli analisti, la possibilità di modificare la classificazione emessa sulla base degli scoring in funzione delle risposte date ad una serie di domande inserite nella check-list appositamente predisposta. In genere il peso di questi fattori può modificare di una o due classi al massimo la valutazione che emerge dagli scoring, e comunque le check-list sono al momento parziali e diverse da banca a banca.
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