Si sa, i rapporti tra banche e imprese non sono mai semplici e si complicano ulteriormente proprio nei momenti di crisi aziendale e cioè nel momento in cui l’azienda è maggiormente debole e quindi più bisognosa di finanziamenti.
Di tanto parleremo nel presente articolo.
Tuttavia, prima di comprendere se la banca possa o meno continuare a finanziare un’impresa insolvente,cerchiamo di fare il punto della situazione.
In realtà, quando un’impresa comincia a diventare insolvente non è l’unica ad “entrare in crisi“.
In questi casi, infatti, anche la banca viene a trovarsi “tra due fuochi“:
La concessione del credito si dice “abusiva” quando una banca concede, rinnova o proroga un finanziamento ad un’impresa che si trova in uno stato di grave crisi economica, pur essendo a conoscenza di questa situazione, con la conseguenza di ritardare l’emersione dello stato di insolvenza e, quindi, l’apertura della procedura fallimentare a carico dell’azienda.
La banca che continua a concedere finanziamenti ad un’impresa insolvente si espone, dunque, ad una grossa responsabilità.
Difatti, la concessione abusiva di un finanziamento non fa altro che mantenere in vita un’impresa ormai dissestata da un punto di vista patrimoniale, suscitando nel mercato la falsa convinzione che si tratti di un’impresa economicamente ancora valida, così da indurre i creditori a continuare a contrattare con l’azienda e concludere affari con essa.
D’altro canto, però, è illegittima anche la condotta della banca che inibisce la sua funzione di credito all’impresa.
Il discrimine tra concessione legittima e concessione abusiva del credito è quello della c.d. irrecuperabilità dell’insolvenza.
In altri termini, affinché si configuri da parte della banca una concessione abusiva del credito non è sufficiente che l’Istituto abbia “supportato” un’impresa in crisi.
Occorre, ulteriormente, che l’impresa versi in quella che è stata definita una “situazione disperata“, ossia irreversibile e senza alcun margine di risanamento.
Ed infatti, dalla concessione abusiva del credito può derivare un pregiudizio:
Rispondere a questa domanda non è semplice e nemmeno la Cassazione riesce a dare una risposta univoca.
Sul punto infatti si segnalano recentissime pronunce difformi che, da un lato, affermano e, dall’altro, negano la responsabilità della banca, in concorso con quella degli amministratori dell’azienda.
In linea di principio, tuttavia, deve ritenersi responsabile la banca che, con la propria condotta imprudente e con i propri ingiustificati finanziamenti, abbia contribuito a mantenere artificiosamente in vita l’impresa, ritardando l’apertura del fallimento, con evidenti danni nei confronti dei creditori.
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