Il concordato preventivo liquidatorio rappresenta uno strumento fondamentale nel sistema di gestione della crisi d’impresa delineato dal D.Lgs. 14/2019 (CCII). Questa procedura consente all’imprenditore in difficoltà di proporre ai creditori una soluzione alternativa alla liquidazione giudiziale, attraverso un piano che prevede la cessione dei beni aziendali e la soddisfazione dei creditori mediante la liquidazione del patrimonio.
Dal punto di vista soggettivo, secondo l’articolo 84 del CCII, il concordato preventivo liquidatorio è accessibile all’imprenditore commerciale che si trova in stato di crisi o di insolvenza. Lo stato di crisi viene identificato come una condizione di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza, mentre lo stato di insolvenza si manifesta attraverso l’incapacità dell’imprenditore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.
La proposta concordataria deve necessariamente prevedere un incremento dell’attivo di almeno il 10% rispetto alla situazione iniziale, garantendo contestualmente ai creditori chirografari una soddisfazione minima del 20% del loro credito complessivo. Questa previsione, contenuta nell’articolo 84 comma 4, rappresenta una condizione imprescindibile per l’ammissibilità della proposta liquidatoria.
Secondo l’articolo 87 del CCII, il piano di concordato deve contenere una descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta. In particolare, deve includere una dettagliata rappresentazione della situazione economico-patrimoniale dell’impresa, l’indicazione delle cause che hanno determinato lo stato di crisi, e una puntuale valutazione di liquidazione dei beni, corrispondente al presumibile realizzo in sede di liquidazione giudiziale.
Il trattamento dei crediti tributari e contributivi, disciplinato dall’articolo 88 del CCII, può prevedere una soddisfazione parziale o dilazionata, purché il piano assicuri un pagamento in misura non inferiore a quello realizzabile in caso di liquidazione giudiziale.
L’articolo 47 del CCII disciplina la fase di ammissione alla procedura, attribuendo al tribunale il compito di verificare la completezza e la regolarità della documentazione, nonché la fattibilità giuridica del piano e la correttezza dei criteri di formazione delle classi dei creditori. La giurisprudenza, in particolare la Cassazione con ordinanza n. 34438 del 2023, ha ribadito l’importanza di un controllo diretto sulla fattibilità del piano concordatario da parte del giudice.
Un elemento cruciale della procedura è rappresentato dalla relazione del professionista indipendente che deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Come evidenziato dalla Cassazione con ordinanza n. 15230 del 2023, l’informazione fornita deve essere chiara, completa e trasparente, non limitandosi ai fatti esistenti al momento del deposito della domanda, ma estendendosi anche agli accadimenti anteriori che hanno determinato la consistenza patrimoniale dell’impresa.
L’articolo 114 del CCII detta disposizioni specifiche sulla liquidazione nel concordato liquidatorio, mentre l’articolo 118 disciplina l’esecuzione del concordato. La fase esecutiva rappresenta il momento in cui il piano viene concretamente attuato, sotto la supervisione degli organi della procedura e nel rispetto delle modalità previste nella proposta omologata.
La procedura si conclude con il completamento delle operazioni di liquidazione e la distribuzione del ricavato ai creditori secondo l’ordine di prelazione e le percentuali previste nel piano. L’eventuale risoluzione del concordato, disciplinata dall’articolo 119 del CCII, può essere richiesta dai creditori in caso di inadempimento degli obblighi concordatari.
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