Comprare casa senza miracoli: si può fare

La combinazione della crisi economica, la precarietà del lavoro e le criticità del sistema bancario e finanziario in generale hanno provocato, in questi anni, il crollo delle compravendite degli immobili.

E’ un corto circuito che ha seriamente sgonfiato l’indotto produttivo del sistema immobiliare fatto da piccole imprese artigianali e commerciali.

Tant’è che, malgrado la crisi, i prezzi degli immobili residenziali hanno avuto una contrazione contenuta rispetto alla crescita esponenziale registrata nei primi anni 2000 anche per effetto (psicologico) del passaggio dalla lira all’euro.

 

Oggi, comprare casa significa, soprattuto per le giovani coppie, un’esperienza dal rifiuto oramai quasi scontato perchè, di solito, le condizioni sono:

  • finanziamento nel limite del 70-75% del prezzo dell’immobile per cui è necessario disporre almeno del 30% del prezzo oltre alle spese notarili e di agenzia
  • lavoro con contratto a tempo indeterminato
  • rata mensile del mutuo nel limite del 30% reddito mensile disponibile. Perciò, per una rata di 500 euro al mese occorre uno stipendio netto mensile di almento 1.500 euro
  • garanzie di firma da parte di familiari e/o parenti in possesso di contratto di lavoro a tempo indeterminato o pensionati

E’ evidente come oggi sia abbastanza complicato vincere la lotteria dei requisiti per cui, purtroppo, si rinuncia all’acquisto dell’immobile continuando nei contratti di locazione con i quali, ovviamente, non si diventa mai proprietari. Almeno, apparentemente e vedremo perché.

 

Al fine di scongiurare il tracollo del settore immobiliare e delle imprese edili che lo hanno alimentato, il legislatore italiano è intervenuto con l’art. 23 del D.L. nr. 133/2014 (cosiddetto, decreto “Sblocca Italia“) con cui ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il contratto di rent to buy che altro non è che un contratto di locazione con opzione di acquisto.

Il contratto può essere stipulato tra soggetti (venditore e acquirente) con qualunque natura giuridica (privati, ditta individuale, società, ecc.) purché abbiano ad oggetto un immobile residenziale.

 

In pratica, l’immobile “non di lusso” (di categoria diversa da A/1, A/8 e A/9) è concesso in locazione ad un canone necessariamente superiore rispetto a quello di mercato in quanto la parte eccedente è destinata ad acconto del futuro prezzo di acquisto già concordato. Entro una certa data convenzionalmente determinato, il locatario (o inquilino) subentra nella proprietà dell’immobile pagando la differenza tra il prezzo di acquisto e la somma delle maggiorazioni di canone nel frattempo corrisposte al locatore (o proprietario).

 

Tuttavia, affinché possa essere opponibile ai terzi, il contratto di rent to buy deve essere per legge trascritto nei pubblici registri immobiliari in maniera da costituire una prenotazione dell’acquisto dell’immobile. Pertanto, il proprietario, per tutta la durata contrattuale (comunque inferiore ai 10 anni), non può procedere alla vendita a terzi dell’immobile ovvero costituire ipoteche, servitù passive o qualsiasi altro diritto pregiudizievole.

D’altro canto, gli eventuali creditori del venditore non possono iscrivere ipoteca sull’immobile concesso in affitto con opzione di acquisto in quanto l’immobile è così riservato al futuro acquirente rendendo perciò nulle ogni successiva iscrizione o trascrizione ad oggetto l’immobile.

 

Dal punto di vista fiscale, la tassazione diretta (Iperf o Ires a carico del venditore) e la tassazione indiretta (imposte di registro, ipotecarie, catastali ed Iva a carico dell’acquirente) dipendono dalla natura giuridica del venditore stesso: privato o impresa edile. Di questi particolari e complessi aspetti, però, non sono trattati in questa articolo.

Occorre però osservare che, siccome il canone mensile si compone di una quota destinata al godimento dell’immobile (affitto) ed una quota in acconto del prezzo di acquisto, la tassazione in capo al proprietario-venditore è perciò differenziata:

  • quota affitto: tassazione ordinaria Irpef ai sensi dell’art. 26 del Tuir (scaglioni Irpef ovvero “cedolare secca”)
  • quota acconto acquisto: imposta di registro del 2% se l’operazione è esente Iva, ovvero di 67 euro con scrittura privata (200 euro per atto pubblico o strittura autentitacata) ed in caso si applichi l’Iva agevolata del 4% (abitazione principale)

 

La norma non definisce un importo minimo della quota affitto tant’è che su un canone mensile di 1.000 euro si può concordare, ad esempio, una quota affitto di 200 euro ed una quota acconto acquisto di 800 euro.

 

All’atto finale della vendita dell’immobile, si applicano le seguenti imposte:

  • vendita soggetta ad IVA (4% o 10%): imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali in misura fissa di 200 euro ciascuna;
  • vendita esente IVA: imposta di registro nella misura proporzionale del 9% (altri immobili) o del 2% (abitazione principale), con un minimo di 1.000 euro; mentre le imposte ipotecaria e catastale sono in misura fissa pari a 50 euro ciascuna.

 

Inoltre, la Legge di Stabilità del 2016 prevede una nuova detrazione ai fini Irpef (art. 1 co. 56 Legge nr. 208/2015). Infatti, per l’acquisto di immobili residenziali (classe energetica A o B) da imprese costruttrici è prevista la detrazione fiscale del 50% dell’Iva dovuta.

Tale agevolazione è stata prorogata dalla Legge di Bilancio 2017 per le annualità 2017-2019.

Si tratta però di un risparmio fiscale:

  • nei limiti di capienza dell’Irpef (al netto di altre detrazioni e deduzioni) risultante dalla tassazione dei redditi imponibili. Pertanto, qualora la detrazione del 50% dell’Iva eccede l’imposta netta, tale importo è perso;
  • nella misura 50% dell’Iva 4% (quindi, 2% dell’imponibile del prezzo) se si tratta di acquisto di immobile da destinare a “prima casa” ovvero nella misura del 50% dell’Iva 10% (quindi, 5% dell’imponibile del prezzo) se si tratta invece di immobile “seconda casa”.

 

La stessa Legge di Bilancio 2017 ha prorogato la detrazione fiscale introdotta dalla Legge di Bilancio 2016 riguardo il leasing immobiliare abitativo (locazione finanziaria) che, a differenze del rent to buy:

  • il contratto è stipulato unicamente istituti di credito o intermediario finanziario
  • l’utilizzatore deve essere necessariamente una persona fisica che destina l’immobile ad abitazione principale
  • l’utilizzatore deve avere un reddito annuo complessivo non superiore ai 55.000 euro
  • detrazione fiscale del 19% dei canoni di leasing e del prezzo di riscatto nei limiti annui di 4.000 euro ovvero di 10.000 euro
  • per i giovani sotto i 35 anni, le detrazioni sono raddoppiate (ossia, 8.000 euro per i canoni leasing e 20.000 euro per il prezzo di riscatto)

 

Dunque, il presupposto per usufruire di tali agevolazioni fiscali è la stipula di un contratto in forma di atto pubblico (o di scrittura privata autenticata) che comporta:

  1. intervento di un notaio
  2. trascrizione del contratto rent to buy o leasing immobiliare abitativo nei pubblici registri immobiliari (efficacia decennale nei confronti di terzi)
  3. pagamento delle imposte di registro, ipotecarie e catastali

 

Un’alternativa alla locazione con opzione di futuro acquisto o con preliminare di vendita può essere, come anticipato, la vendita con riserva di proprietà (art. 1523 e segg. cod.civ.). Perciò, il venditore resta titolare del pieno diritto reale sino a quanto l’utilizzatore non abbia pagato l’ultima rata prevista. Se così non fosse, per effetto della risoluzione contrattuale, il venditore deve restituire all’utilizzatore le rate percepite al netto di un equo compenso oltre al risarcimento dei danni – solitamente stabiliti contrattualmente – per l’utilizzo dell’immobile. In alternativa, a decidere il loro ammontare provvede il giudice adito.

Dal punto di vista fiscale, per effetto della trascrizione del contratto di compravendita, le imposte di registro (2%), ipotecarie (50 euro) e catastali (50 euro) sono dovute subito. Così come sono a carico dell’utilizzatore anche le spese straordinarie oltre alle imposte locali (Tasi, Tari, Imu, ecc.). Perciò, nell’accordo è bene definire la misura di attribuzione di tali spese tra le parti.

 

In altre situazioni, può accadere che il compratore acquisti subito la proprietà, mentre si accorda con il venditore a pagare ratealmente il prezzo. In tal caso, rispetto alla vendita con riserva di proprietà, l’utilizzatore diventa subito proprietario. Dal canto suo il venditore si può tutelare con il contratto di vendita con patto di riscatto (art. 1500 cod. civ.) ovvero con il contratto di vendita con condizione risolutiva di inadempimento (artt. 1353 e segg. cod. civ.).

 

Nel primo caso (contratto di vendita con patto di riscatto), il venditore può esercitare – entro il termine perentorio di 5 anni – la facoltà di riscattare l’immobile ceduto rimborsando le somme nel frattempo ricevute senza però poter pretendere indennizzi per l’utilizzo dell’immobile. E’ ovvio, che la durata del contratto non dovrebbe superare i 5 anni al fine di poter esercitare appieno il patto di riscatto. Il proprietario che esercita tale facoltà è obbligato a rifondere il compratore anche delle spese straordinarie sostenute oltre che le spese derivanti dalla compravendita quali: spese intermediazione; imposte ipotecarie, catastali e di registro; ecc.

Tuttavia, questo tipo di contratto è oramai desueto e, pertanto, scarsamente applicato.

 

Nel caso invece della vendita con condizione risolutiva di inadempimento non è previsto alcun limite entro cui esercitare la condizione risolutiva ovvero la restituzione all’acquirente di quanto riscosso.
La condizione risolutiva è legata soprattutto alla puntualità nel pagamento delle rate. Pertanto, in caso di inadempimento, l’immobile ritorna di diritto nella proprietà del venditore.

Non importa se sei impresa di costruzioni o privato: abbiamo la formula contrattuale più adatta alle tue esigenze!

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Rent to Buy e Locazione Atipica

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