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Credito imposta R&S: chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate chiarisce l’ammissibilità al credito di imposta 50% per spese di Ricerca e Sviluppo (R&S) dei prototipi e delle spese di verifica e collaudo

 

Con la risoluzione nr. 122 del 11/10/2017 l’Agenzia delle Entrate chiarisce:

 

 

STUDI CLINICI

1) Studi clinici non interventistici (osservazionali) 

che sono definiti dall’articolo 2.1 della circolare 2 settembre 2002, n. 6, del Ministero della Salute quali studi centrati “su problemi o patologie nel cui ambito i medicinali sono prescritti nel modo consueto conformemente alle condizioni fissate nell’autorizzazione all’immissione in commercio”;

 

2) studi clinici di fase IV 

che, ex allegato I-quater della circolare nr. 8 del 10 luglio 1997 del Ministero della Sanità, rappresentano degli studi cd. post-registrativi, ossia condotti successivamente all’immissione in commercio del farmaco. Tali studi vengono condotti sulla base delle informazioni contenute nel riassunto delle caratteristiche del prodotto relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio e consentono di confermare la validità del farmaco nella pratica clinica quotidiana, nonché di confrontarne il rapporto rischio/beneficio rispetto agli altri farmaci utilizzati nella patologia in questione.

 

Inoltre, successivamente all’immissione del prodotto sul mercato, gli studi clinici miranti ad indagare, ad esempio, nuove indicazioni, nuove vie di somministrazione o nuove associazioni vanno considerati come studi su nuovi prodotti medicinali.

 

Come sopra evidenziato, gli studi clinici non interventistici (osservazionali) sono studi centrati su problemi o patologie nel cui ambito i medicinali sono prescritti nel modo consueto, conformemente alle condizioni fissate nell’autorizzazione all’immissione in commercio.

Risulta dalle “Linee guida per la classificazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci” dell’AIFA (determinazione del 20.3.2008), che mediante tali studi vengono svolte: (i) valutazioni epidemiologiche, farmacoepidemiologiche e di farmacosorveglianza; (ii) valutazioni del profilo di sicurezza di farmaci, nelle normali condizioni di uso, su grandi numeri di pazienti; (iii) stime economiche, di qualità, prescrittive e di carichi assistenziali.
In sostanza, gli studi clinici osservazionali vengono realizzati al fine di svolgere approfondimenti sull’efficacia dei farmaci nella pratica clinica e verificare l’appropriatezza prescrittiva degli stessi.

Riferisce l’istante che anche per tale tipologia di studi è necessario elaborare un “protocollo di ricerca”, che definisce gli obiettivi ed il disegno dello studio, nel quale “deve essere chiaramente valutabile l’ipotesi della ricerca, i risultati attesi, il tipo di studio osservazionale, la scelta della dimensione campionaria, le informazioni che saranno raccolte, l’eventuale coinvolgimento della struttura e/o degli operatori sanitari, le risorse richieste, l’origine del finanziamento, le modalità di partecipazione e di informazione rivolte al paziente” (art. 2, Linee guida AIFA cit.).

Inoltre, come precisato dall’istante, è necessario notificare l’avvio di ogni studio osservazionale al comitato etico locale per la sua approvazione formale o semplicemente per la sua presa d’atto, a seconda della tipologia di studio (art. 2.4 della circ. n. 6 del 2002 cit. e art. 10 delle Linee guida AIFA cit.).

Gli studi clinici di fase IV, ex allegato I-quater circolare nr. 8 del 10 luglio 1997 del Ministero della Sanità, rappresentano degli studi cosiddetti post-registrativi,
ossia condotti successivamente all’immissione in commercio del farmaco.

 

Detti studi, costituenti l’ultima fase della sperimentazione clinica (cfr. circolare nr. 8 del 1997 del Ministero della Sanità), possono essere sia terapeutici che osservazionali e sono condotti su ampie casistiche di pazienti, così da poter verificare il valore terapeutico del farmaco in condizioni reali (cd. “real life”) e la tollerabilità dello stesso a lungo termine.

Tali studi possono condurre a nuove indicazioni terapeutiche o a nuove posologie fino, in caso di scoperta di effetti pericolosi, al ritiro dal commercio del farmaco o alla restrizione dello stesso in determinati casi.

Gli studi di fase IV, oltre a essere condotti su iniziativa delle case farmaceutiche, possono essere richiesti dalle autorità regolatrici (ad esempio, per l’ottenimento dell’autorizzazione in commercio da parte dell’Agenzia italiana del farmaco dopo aver ottenuto quella dell’omologa Agenzia europea oppure per la rimborsabilità del farmaco stesso da parte del Servizio Sanitario Nazionale).

In virtù degli elementi caratterizzanti gli studi clinici non interventistici e gli studi di fase IV, si ritiene che i primi siano sempre ammissibili, mentre che i secondi siano riconducibili tra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta di cui al comma 4 dell’articolo 3, limitatamente agli studi di natura medico-scientifica, potendo essi rientrare nella “ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per […] permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti”, di cui alla lett. b), o nell’ambito della “acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati”, di cui alla lett. c).

Ovviamente, a livello documentale sarà onere del contribuente dare distinta evidenza delle spese ammissibili al credito d’imposta.

 

MATERIALI PER LA REALIZZAZIONE DI PROTOTIPI

La spesa per il mero acquisto di semplici materiali o componenti già disponibili su mercato, quand’anche impiegato per la realizzazione dei prototipi, non può ritenersi ammissibile all’agevolazione, non riscontrandosi nel disposto dell’articolo 3 e nel relativo decreto attuativo alcun margine per considerare ammissibili detti i costi.

La citata circolare n. 5/E del 2016 al paragrafo 2.2.2 ha precisato che “sono quindi eleggibili al credito d’imposta le quote di ammortamento dei beni, non necessariamente tipici di laboratorio, ma che sono solitamente utilizzati dall’impresa per svolgere una delle attività ammissibili elencate al comma 4 dell’articolo 3”.

Si può quindi ritenere, in virtù di un’interpretazione estensiva dell’articolo 3, comma 6, lettera b), che siano ammissibili le quote di ammortamento tutti i beni materiali ammortizzabili, il cui impiego sia indispensabile per la realizzazione del prototipo, e non solo di “strumenti e attrezzature di laboratorio” in senso stretto.

 

Lavorazioni speciali, che non possono essere svolte internamente in azienda e senza le quali sarebbe impossibile realizzare il prototipo stesso.

I costi di esternalizzazione di attività non qualificabili come ricerca commissionata ai sensi della lett. c) del comma 4 dell’articolo 3 o che non abbiano ad esito un risultato o prodotto innovativo, ma che sono strumentali alla realizzazione del prototipo o a componenti dello stesso, possono ritenersi ammissibili ai sensi dell’articolo 3, comma 6, lett. d).

Per quel che riguarda, in generale, le spese che possano essere ricondotte alla voce “competenze tecniche”, si rimanda al paragrafo 4.5 Spese per “competenze tecniche e privative industriali” di cui alla circolare della scrivente n. 13/E del 27 aprile 2017, in cui si è precisato che rientrano in tale categoria “le spese sostenute per conoscenze e informazioni tecniche (beni immateriali) – quali ad esempio le spese per conoscenze tecniche riservate, risultati di ricerche già effettuate da terzi, contratti di know how, licenza di know how, programmi per elaboratore tutelati da diritto di autore (software coperto da copyright) – diverse dalle privative industriali, comunque finalizzate alle attività di ricerca e sviluppo ammissibili”.

 

Qualora invece detti costi di esternalizzazione afferiscano ad attività riconducibili
alla ricerca e sviluppo o abbiano ad esito un risultato o prodotto innovativo, rientrano nella ricerca commissionata di cui all’articolo 3, comma 6, lett. c).

 

Contratti di sviluppo sperimentale, con il seguente contenuto: studio di fattibilità tecnica, progettazione, ingegnerizzazione, realizzazione del prototipo di un nuovo macchinario e il suo test (quindi fino alla consegna del prototipo stesso).

I contratti di sviluppo sperimentale sui prototipi rientrano tra i contratti di ricerca extra-muros di cui all’articolo 3, comma 6, lett. c). In generale, i costi di esternalizzazione di attività riconducibili alla ricerca e sviluppo o che abbiano ad esito un risultato o prodotto innovativo rientrano tra i contratti di ricerca extramuros di cui all’articolo 3, comma 6, lett. c).

Tra di essi possono rientrare ad esempio: i contratti commissionati a terzi per la realizzazione di componenti originali o per l’adattamento, con carattere innovativo, di componenti non originali.

Al contrario, i costi di esternalizzazione necessari ai fini dell’attività di ricerca
che non presentino carattere di innovazione, rientrano nell’articolo 3, comma 6,
lett. d).

 

PERSONALE NON QUALIFICATO

 

Costi relativi a personale non altamente qualificato, che svolge la propria
attività in totale autonomia di mezzi e organizzazione.

La circolare n. 13/E del 2017 al par. 4.1.2 ha chiarito che tra il “personale non altamente qualificato”, ricondotto nelle “competenze tecniche” possono essere ricompresi anche “soggetti non dipendenti dall’impresa, aventi con la stessa un rapporto di collaborazione”.

Tuttavia non può escludersi a priori che anche per il personale non altamente qualificato, come per quello altamente qualificato, possano sussistere circostanze tali da ricondurre i relativi costi a quelli attinenti la ricerca commissionata.

Infatti, con riferimento al personale altamente qualificato, la già citata circolare nr. 5/E del 2016 al par. 2.2.1 ha chiarito che “i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione possono rientrare nella categoria di costi ammissibili ai sensi della lett. c) del comma 6, relativa alla c.d. ricerca extra-muros, alle condizioni previste dalla norma citata”.

In sostanza, i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da personale non altamente qualificato dotato di specifiche competenze tecniche possono considerarsi ammissibili ai sensi della lett. d) del comma 6, sempreché non ricorrano i presupposti per qualificare la prestazione svolta come attività di ricerca “commissionata” ai sensi della lett. c) del medesimo comma.

Inoltre, se il contribuente non è in grado di provare l’esistenza di un contratto di
ricerca deve prudenzialmente considerare la spesa eleggibile quale “competenza
tecnica” piuttosto che “ricerca commissionata”.

Si fa comunque presente che, a seguito della novella introdotta all’articolo 3, comma 6, lettera a), dal comma 15 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2017, è stata eliminata, nell’ambito del personale addetto alle attività di ricerca e sviluppo, la distinzione tra “personale altamente qualificato” e “personale non altamente qualificato”.

Come specificato al paragrafo 1.5 Spese per il personale della circolare n. 13/E del 2017, “venendo meno il requisito secondo cui il personale impiegato nelle suddette attività deve essere anche “altamente qualificato” – a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (dal 2017 per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare) – non occorre più distinguere, nell’ambito del personale addetto alle attività di ricerca e sviluppo, il costo sostenuto per il personale altamente qualificato” da quello sostenuto per il “personale non altamente
qualificato” (i.e., personale “tecnico”)””.

Ovviamente dall’inquadramento nella relativa tipologia di costo, nonostante l’intervenuta unificazione delle aliquote, discenderanno diversi oneri documentali a carico del beneficiario dell’agevolazione.

 

Costi per personale altamente qualificato assunto con contratto di
apprendistato.

L’articolo 4, comma l, lett. a), del decreto attuativo specifica che possono essere considerati ammissibili al credito di imposta i costi riguardanti il personale altamente qualificato, in possesso dei titoli indicati all’articolo 3, comma 6, lett. a) (nella versione antecedente le modifiche apportate con la citata legge di bilancio 2017), dipendente dell’impresa o in rapporto di collaborazione con la stessa, impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo eleggibili.

 

Il contratto di apprendistato, che si configura come un rapporto di lavoro subordinato a “causa mista”, è definito dall’articolo 41 della legge 24 giugno 2015 n. 34 (cd. “Jobs Act”) come un contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.

La circolare n. 5/E del 2016, richiamandosi al disposto dell’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo, ha sostenuto la rilevanza, nella categoria di “personale altamente qualificato”, del costo relativo a personale dipendente dell’impresa avente “un rapporto di lavoro da cui deriva un reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 49 del TUIR, o a questo assimilato, ai sensi del successivo articolo 50“.

Pertanto, la tipologia contrattuale di cui si discute risulta in linea con i chiarimenti forniti in materia dalla circolare n. 5/E citata.

Peraltro, la circostanza che il contratto di apprendistato sia di tipo formativo non esclude che il personale impiegato con detta tipologia contrattuale possa apportare le proprie conoscenze e competenze tecnico-scientifiche all’attività di ricerca e sviluppo.

Conseguentemente, si ritiene che il costo relativo al personale altamente qualificato assunto con contratto di apprendistato (laddove tale rapporto sia validamente costituibile ai sensi della vigente disciplina sul lavoro), nella misura in cui l’apporto fornito da detto personale sia direttamente connesso allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, possa rientrare all’interno dei costi ammissibili al credito d’imposta di cui all’articolo 3, comma 6, lett. a).

Tale conclusione appare peraltro conforme alla ratio della disposizione agevolativa, finalizzata ad incentivare il ricorso a personale “altamente qualificato”, ossia con un determinato livello d’istruzione, che sia effettivamente impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo. Al riguardo, si richiamano i principi espressi dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 55/E del 19 luglio 2016, in relazione ai costi relativi a personale altamente qualificato acquisito dall’impresa attraverso un contratto di somministrazione.

 

 

Spese relative a contratti di ricerca dei costi riferibili a consulenze regolatorie.

Nell’istanza si precisa che, in ambito tecnico scientifico, per consulenza regolatoria si intende l’insieme di tutte quelle attività connesse e propedeutiche all’immissione sul mercato di un farmaco e/o alla brevettabilità dello stesso e/o di un processo.

In particolare, si tratterebbe di servizi cosiddetti di regulatory affairs offerti da
soggetti terzi e finalizzati allo sviluppo, all’immissione in commercio e all’aggiornamento del dossier di prodotti farmaceutici e/o para-farmaceutici.

Tali servizi, avrebbero, quindi, il compito di valutare, a puro titolo semplificativo, la verifica delle sostanze ammesse da un determinato ordinamento, l’eventuale controllo e definizione dei requisiti richiesti in fase di predisposizione dei foglietti illustrativi di un farmaco, l’assistenza nella gestione delle procedure e dei contatti con le Autorità locali, la predisposizione di specifica documentazione destinata alle varie autorità preposte, il supporto nei vari processi autorizzativi, l’allestimento di eventuali variazioni amministrative ai fini della qualità e sicurezza.

In altri termini, si tratterebbe di servizi connessi allo sviluppo e alla realizzazione di uno specifico farmaco, sia nella fase antecedente alla sua messa in commercio, sia in quella successiva.

In merito si ritiene di poter considerare ammissibili le spese per consulenze regolatorie finalizzate alla definizione delle caratteristiche scientifiche e del disegno dello studi clinico; al contrario, si reputa che non possano essere ammissibili al credito d’imposta le spese attinenti attività regolatorie finalizzate alla preparazione della documentazione destinata all’ottenimento delle autorizzazioni ad eseguire lo studio (da parte di autorità regolatorie, comitati etici o altri organismi) e, più in generale, che non possano essere ammissibili al credito d’imposta le spese attinenti attività di natura meramente burocratica o assimilabili ai “lavori amministrativi e legali necessari per richiedere brevetti e licenze”, che il Manuale di Frascati 2015 dell’OCSE (tavola 2.3, pag. 61) considera non annoverabili tra le attività di ricerca e sviluppo e innovazione.

Analogo discorso vale per gli oneri detti “fees”, ossia il corrispettivo richiesto dalle autorità preposte per l’esame della richiesta di commercializzazione di nuovi prodotti o per permettere la prosecuzione della vendita degli stessi nei singoli stati dell’Unione europea o extra-europei: si ritengono ammissibili gli oneri, detti “fees”, finalizzati agli studi clinici; non si ritengono invece ammissibili quelli riconducibili ad adempimenti amministrativi.

Ovviamente, a livello documentale sarà onere del contribuente dare distinta evidenza delle spese ammissibili al credito d’imposta.

Redazione

Dottore Commercialista e Revisore Legale Pianificazione e Controllo di Gestione Finanza Agevolata e Crisi d'Impresa Formazione